Cabaret | Bob Fosse (1972)

Musical allo stato puro. E, contraddizione, uno di quelli più realistici. Infatti, ragionandoci su, è strano che un musical trovi l’omogeneità e il verismo che si incontrano nel Cabaret di Bob Fosse. I numeri musicali, stratosferici, non sono dei momenti che sostituiscono la vita, così come era nel musical standardizzato da Vincente Minnelli o Stanley Donen.

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Qui sono funzionali all’opera: anticipano il segmento del racconto che si presenterà di lì a poco, hanno la loro ragione di esistere nella dimensione teatrale del movimento. Perché questa scelta realista? Il motivo potrebbe essere questo: non è più tempo di cantare e ballare, c’è la vita che ci mette alla prova. D’altronde, il momento storico su cui viene focalizzata l’attenzione è ben preciso: il periodo precedente all’ascesa nazista, quando l’incertezza era costante quotidiana e si guardava al futuro con incomprensibile oscurità.

È un film cupo ed arcanoCabaret, e anima sibillina di questo mondo enigmatico è il presentatore, il gran cerimoniere, l’anfitrione sinistro, impersonato con luciferina, potente, ambigua sapienza da un Joel Grey da urlo che si muove, canta, balla, recita in modo magistrale. È il contraltare misterioso alla protagonista, aperta alla vita con disperata lucidità. A dare vita alla star del locale, alla cantante Sally Bowles, è Liza Minnelli, maestosa, immensa, strepitosa artista che offre l’anima e il corpo per rendere leggenda il suo personaggio. Liza e Grey regalano un numero memorabile, quello del Money, money, money: perché è così importante?

Perché è la metafora di quel determinato mondo: simboleggia l’ingordigia pecuniaria e materialistica di una certa società sbandata e pronta al conformismo e al camaleontismo. Di Cabaret tutti ne hanno apprezzato la fattura pregiatissima e preziosa, ma non tutti ne hanno evidenziato la potenza intellettuale: è un inno disperato contro la guerra, che non ancora si fa palese ma si percepisce nell’aria. Un’aria acre e pesante, facile all’intossicazione.

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Ecco, il film di Fosse (tra l’altro, scatenato e sopraffino regista giustamente premiato con l’Oscar) è profondamente politico, ferocemente antibellico e antitotalitarista. È un racconto profetico sul domani che verrà. È anche una storia d’amore, malinconica e amarissima, che cresce a poco a poco raggiungendo livelli sfuggenti e complicati. Dopotutto l’amore è un sentimento sfuggente e complicato. Ma non è solo questo. È molto di più. Il musical ci salverà, sotto vesti subdole, abitato da personaggi misteriosi. Anche perché «life is a cabaret».

CABARET (U.S.A., 1972) di Bob Fosse, con Liza Minnelli, Michael York, Helmut Griem, Joel Grey, Fritz Wepper, Marisa Berenson. Musical drammatico. *****

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