Crudo e realistico, violento e passionale, a tratti tragico. Accattone è l’inevitabile opera prima di Pier Paolo Pasolini, nel senso che non poteva che cominciare così la propria esperienza cinematografica – comunque già avviata come sceneggiatore. Con questo film che odora di vita vissuta – e che Fellini promise di produrre, salvo poi tirarsi indietro dopo i primi ciak – Pasolini dà vita eterna ad un ambiente topico della capitale che altrimenti avrebbe continuato a vivere solo nella memoria collettiva dei romani.
Con Accattone, Pasolini fa etnologia poetica e rende epica la borgata e con essa i suoi abitanti, che oggi diremmo borderline (ma il termine è troppo riduttivo per definire i personaggi che abitano questo film). Figli del popolo più disperato, dei sogni spezzati sin dalla culla, dei modi bruschi perché non se ne conoscono altri, i borgatari di Pasolini sono eroi quasi neorealistici.
Contraddistinto da uno stile moderno, autentico, grintoso eppure crepuscolare, è uno dei più importanti film del decennio, un vero capolavoro in cui si incontrano misticismo e laicità, pietà e fede, che si avvale delle potenti e stranianti musiche di Bach e della grezza, acerba ma matura, luminosa interpretazione di Franco Citti. Un pugno nello stomaco di crudezza, violenza, modernità, passione. Uno stile del tutto nuovo in cui si incontrano epica e miseria.
ACCATTONE (Italia, 1961) di Pier Paolo Pasolini, con Franco Citti, Franca Pasut, Silvana Corsini, Paola Guidi, Adriana Asti, Stefano D’Arrigo, Polidor, Sergio Citti, Elsa Morante, Nino Russo, Adele Cambria. Drammatico. ****