Il melodramma medico. O forse meglio: il film medico. È raro trovare un film in cui al centro della scena troviamo la medicina nel suo arcano fascino dell’ignoto e con la sua esaltante tensione verso la rivelazione in grado di salvare le vite. L’olio di Lorenzo è proprio questo: una disperata ricerca del mistero che abita la scienza. E l’obiettivo non è solo nobile, ma giusto: trovare una cura ad una malattia incurabile che colpisce pochissime persone al mondo.
Tratto da una storia vera alquanto straziante, è un film bellissimo che riesce ad evitare tutte le trappole del genere e con cui George Miller apre la sua stagione “familiare” (seguiranno i due Babe ed Happy Feet). Mai una lacrima gratuita, mai un ricatto emotivo, mai una stangata ai cuori di pietra. C’è un fatto reale che toccherebbe chiunque e che porta con sé una straordinaria potenza emotiva.
Due sono gli elementi nuovi ed interessanti: la critica alle associazioni di malati che si piangono addosso senza tentare di risolvere il problema; e l’irrisolutezza della medicina ufficiale, attratta dal suo ombelico. È un film di lotta continua sull’ostinazione di chi ama, incarnata magistralmente da una splendida Susan Sarandon (che qua e là vola davvero altissimo, specie nelle scene della terapia in casa) e da un Nick Nolte di commovente tenacia.
L’OLIO DI LORENZO (LORENZO’S OIL, U.S.A., 1992) di George Miller, con Nick Nolte, Susan Sarandon, Zack O’Malley Greenburg, Peter Ustinov, Margo Martindale. Drammatico. *** ½