Non sorprende che Atticus Finch sia stato giudicato il più grande eroe cinematografico del ventesimo secolo. Atticus Finch è l’uomo che tutti noi vorremmo essere, l’uomo maiuscolo che non si trova facilmente in circolazione. Il padre giusto, il marito devoto, l’avvocato civile, il vicino di casa cordiale. Un uomo segnato dal dolore (la morte della moglie) ed irrimediabilmente puro, di quella purezza mai contaminata dalla disillusione, perché consapevole di essere il punto di riferimento dei due figlioli, che lo chiamano Atticus un po’ per omaggiare la mamma scomparsa e un po’ per porsi alla pari, mantenendo comunque il legame verticale.
La nostra visione è proprio filtrata dagli occhi dei bambini, e non è un caso che la voce narrante sia quella della piccola Scout: è un racconto di formazione totale che si basa esattamente sul principio secondo cui il personaggio che conosce la vita la insegna al personaggio (che in questo caso sono due) che si appresta a conoscerla, in un contesto che porta gli ingenui a varcare la soglia dell’esperienza.
È un film di esperienza che non è soltanto la rappresentazione del paesaggio ad una nuova fase di esistenza, ma anche lo squarcio di un cielo di carta, la scoperta di un universo sommerso o soppresso da ignoranza, crudeltà e stupidità, incarnato scrupolosamente dalla figura di Atticus, l’uomo che non risponde con la violenza alla violenza (come per esempio quando Bob Ewell gli sputa in faccia, giurando vendetta), diffondendo il messaggio più necessario («Per capire qualcuno bisogna mettersi nelle sue scarpe e provare a camminarci») e suggerendo di vedere le cose col punto di vista del prossimo.
Certo, è anche un film giudiziario, dal ritmo serrato nello sviluppo della sua ingiustizia (siamo agli inizi degli anni trenta nel profondo sud, lo sappiamo sin dall’inizio che il povero negro non verrà assolto, nonostante l’appassionata difesa del nostro Atticus), ma è soprattutto una storia coraggiosa ed onesta capace di sedimentarsi sotto la pelle, rientrando di diritto in quel particolare gruppo di film che formano il patrimonio umano e culturale di una persona in divenire. Così come sotto la pelle, dentro al cuore ed ovunque nel corpo e nell’animo si ficca l’immenso Gregory Peck, che è semplicemente indimenticabile. Senza se e senza ma, come il suo Atticus.
IL BUIO OLTRE LA SIEPE (TO KILL A MOCKINGBIRD, U.S.A., 1962) di Robert Mulligan, con Gregory Peck, Mary Badham, Phillip Alford, Robert Duvall, John Megna, Estelle Evans, Brock Peters. Drammatico. ****