Luoghi comuni: Luigi Magni fa sempre lo stesso film. Nei luoghi comuni c’è sempre un fondo di verità. La Roma papalina non troverà più un cantore appassionato e competente come Magni che, alla fine della fiera, ha immortalato con interessante scrupolosità un periodo di cui sappiamo poco e male (il centocinquantennario, da questo punto di vista, ci ha riempito la testa di molta retorica e di poca sostanza), permettendoci una visione almeno fruibile di un momento storico cruciale per la Capitale.
In questo caso siamo ai tempi della fuga di Pio IX, ultimo Papa Re, e della proclamazione della Repubblica Romana: l’atmosfera decadente è palpabile, i fermenti rivoluzionari si stanno istituzionalizzando e il popolo è ancora poco sovrano.
Magni contamina la Storia ufficiale con personaggi di fantasia, facendo così interagire il frate barnabita Ugo Bassi e il patriota Giovanni Livraghi con una certa marchesina Arquati e il di lei, debole marito, a sua volta succube del clericale padre. Sfilano anche Ciceruacchio (inteso da Magni come una sostanziale variante di Pasquino) e Carlo Bonaparte e c’è pure spazio Giuseppe Gioacchino Belli. Celebrazione affettuosa della fierezza ma anche della cialtroneria romana, il film ha ritmo e brio nonostante sia vagamente prevedibile e monotono a chi ha visto almeno due o tre film del regista (che in sede di sceneggiatura si è affidato all’aiuto di Arrigo Petacco).
In ogni caso il reparto tecnico è impeccabile (costumi e scenografie di Lucia Mirisola, fotografia di Giuseppe Lanci, montaggio di Ruggero Mastroianni, musiche di Nicola Piovani) e il cast è quello delle grandi occasioni, malgrado non al meglio. Serena Grandi ripropone il ruolo di Giovanna Ralli in Arrivano i bersaglieri, Jacques Perrin e i napoletani Carlo Croccolo e Luigi De Filippo giocano col mestiere, i giovani Luca Barbareschi e Massimo Wertmuller non sempre sono all’altezza, Elena Sofia Ricci non ci crede molto, Roberto Herlitzka non ha lo spazio che meriterebbe.
E i due mostri sacri? Nino Manfredi sguazza allegramente nell’universo di Magni con un epigono di Pasquino (e una canzone sincera e struggente) e Alberto Sordi gigioneggia fin troppo in un ruolo che gli è congeniale.
IN NOME DEL POPOLO SOVRANO (Italia, 1990) di Luigi Magni, con Luca Barbareschi, Elena Sofia Ricci, Nino Manfredi, Alberto Sordi, Massimo Wertmuller, Jacques Perrin, Serena Grandi, Carlo Croccolo, Gianni Bonagura, Luca De Filippo, Roberto Herlitzka, Gianni Garko. Storico commedia drammatico. ** ½
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