Abbastanza ardimentoso per l’artigiano Avati offrire al suo pubblico un film non proprio semplice come questo. Però vince la scommessa e dirige con grande maestria un film complesso e profondamente laico nella sua sacralità rispettosa e popolare al tempo stesso.
È la sua opera più difficile e audace, legata a certe atmosfere dei primi tempi (Le strelle nel fosso) un affresco che ha nella coralità il suo punto di forza e al contempo il suo tallone d’Achille (troppi personaggi talvolta rendono difficoltosa la visione), ma di indubbia potenza visionaria e leggendaria.
L’azione si svolge durante una settimana santa e ha come fil rouge che unisce le varie vicende il percorso di un boia di professione e del suo assistente. Impegnativo e coraggioso (con i tempi che corrono…) è un film molto importante nell’itinerario di un autore eclettico e sincero che anche in un contesto medievale riesce a parlare non solo del suo passato (costante necessaria in ogni film avatiano), ma anche del presente e della realtà odierna.
E si dimostra capacissimo di saltare da un registro all’altro, dalla commedia al dramma sociale, dal melodramma alle tinte forti, mantenendo sempre un andamento delicato e coinvolto. Da urlo le scene dei massacri del boia (ottimo Arnando Ninchi, ma segnalo anche un sofferto Luigi Diberti). Pittorica fotografia dell’ispiratissimo Pasquale Mari e musiche raffinate del fido Riz Ortolani.
MAGNIFICAT (Italia, 1993) di Pupi Avati, con Luigi Diberti, Arnaldo Ninchi, Massimo Bellinzoni, Dalia Lahav, Lorella Morlotti, Massimo Sarchielli, Vincenzo Crocitti. Epico drammatico. *** ½