Bugsy | Barry Levinson (1991)

Sopravvalutato? Direi di sì, almeno in parte. Pure l’Academy ci è cascata in questa allettante mistura di buffo e patetico, ironia e violenza. Bugsy si muove su vari registri, ma non sempre riesce a convincere nella sua mescolanza di generi. Il Bugsy in questione all’anagrafe fa Benjamin Siegel, all’inizio del film è un piccolo malavitoso, alla fine è praticamente un colosso tra i gangster. Non tanto a causa dei propri danari, quanto per la caratura carismatica e fascinosa. Tanto forte da meritare una sfilza di pallottole, che gli perforeranno il petto, uccidendolo.

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A Warren Beatty l’onere di raffigurare le contraddizioni umane di questo gangster d’alto bordo, a cui conferisce un istrionismo ben calibrato. Appartiene principalmente a lui, il film, certamente dopo James Toback, auotre del godibile script, prima che a Barry Levinson, che si limita a dirigere il traffico con diligenza e professionalità.

Ben è un personaggio idealizzato nella sua delinquenza raffinata e sanguinaria, lontano dalla decadenza evocativa di un mondo in malinconica metamorfosi. Cattivo e simpatico, canagliesco e brutale, è immerso in una profonda ambiguità che riguarda, forse, anche gli autori, che pur meritoriamente lontani dal dare un giudizio morale, risultano per certi versi fin troppo simpaticamente ammaliati.

Le due presenze femminili del racconto sono vittime dell’universo maschile (ossia Ben), reagiscono raramente e si appiattiscono al loro volere: la parte più riuscita, a conti fatti, è la sequenza casalinga in cui Bugsy passa dalla cucina (la famiglia) al salotto (gli affari). Ad un primo tempo gradevole segue un secondo a tratti fiacco: forse Bugsy è un film senz’anima, quasi monotono, prevedibile.

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Coronato da dieci nomination agli Oscar, ne ha giustamente vinti due per le scenografie e i costumi e ha perso quello che avrebbe più meritato (la colonna sonora di un Ennio Morricone non memorabilissima ma comunque mirabile). È l’unico film grazie al quale Harvey Keitel si è guadagnato una nomination (mezzo risarcimento per una carriera stupidamente ignorata): qui è lo scagnozzo rozzo più fedele a Bugsy, talora sopra le righe. Gli altri se la cavano col mestiere (Ben Kingsley compreso), mentre Elliott Gould ha un guizzo crepuscolare.

BUGSY (U.S.A., 1991) di Barry Levinson, con Warren Beatty, Annette Bening, Harvey Keitel, Ben Kingsley, Elliott Gould, Joe Mantegna, Bebe Neuwirth, Wendy Phillips, Richard Sarafian. Gangster biografico. ** ½

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