Due attori di alto lignaggio: Harry Baur (che dieci anni dopo sarebbe stato torturato e ucciso dai nazisti) nei panni del commissario Maigret e Valerij Inkižinov (che non è mai esploso ma non era da sottovalutare) che fa il cattivo. Un regista quantomeno affidabile – se non proprio da riscoprire, tale la mole della sua luminosa filmografia – come Julien Duvivier e un autore di culto come Georges Simenon.
E poi basta. Mica niente, certo. Ma Il delitto della villa, sebbene abbia qualche idea di regia abbastanza interessante per l’epoca e una dignità di realizzazione tutt’altro che disprezzabile, non regala le emozioni e la tensione che un giallo dovrebbe avere.
Tutto si capisce nei primi dieci minuti in questo convenzionale giallo psicologico irrimediabilmente datato per quanto fascinoso nelle sue atmosfere fumose e cupe. Il reale giallo era la collezione di sospiri regalatami da Paolo Mereghetti, che era seduto pochi posti lontano da me: si stava annoiando o era soltanto preso dall’azione? Al dizionario l’ardua sentenza.
IL DELITTO DELLA VILLA (LA TÊTE D’UN HOMME, Francia, 1933) di Julien Duvivier, con Harry Baur, Valerij Inkižinov, Alexandre Rignault, Gaston Jacquet. Giallo. ** ½