In attesa di Maleficent, sarebbe interessante tornare al modello cinematografico d’origine, cioè quella Bella addormentata nel bosco che è stato il più imponente impegno produttivo di Walt Disney negli anni cinquanta.
Un decennio caratterizzato, va detto per amor di completezza, da una serie di film a loro modo fondamentali: il rinnovamento interno alla tradizione dell’archetipo della fanciulla disgraziata e del principe azzurro (Cenerentola); l’incoerenza helzappopiniana di un adattamento di un romanzo tutt’altro che infantile ma di futuro culto sessantottino (Alice nel paese delle meraviglie); la felice ma malinconica evasione in un mondo totalmente infantile (Le avventure di Peter Pan); l’elegante versione canina della commedia classica hollywoodiana (Lilli e il Vagabondo).
In un momento storico in cui il controllo di Disney è ancora totale, La bella addormentata rappresenta il punto di sintesi tra la volontà di un prodotto estremamente commerciale (la fiaba è sempre quella, ad uso e consumo delle femminucce), abilmente raffinato nello stile e nell’estetica (le scenografie hanno una chiara ispirazione rinascimentale e un’evidente cura formale meticolosamente artigianale nei colori) ed abitato da personaggi-archetipi (rappresentati in maniera spigolosa a differenza delle morbide forme di Biancaneve e Cenerentola).
Un film quasi gotico, non del tutto riuscito nel suo impasto di film illustrato (specie quando interviene il narratore, appare non più che un racconto per immagini) e musical teatrale (i numeri di Aurora nel bosco, la pulizia magica della casetta nel bosco) più elegante che appassionante nel suo svolgimento naturalmente lineare, con un gusto insolitamente, e forse involontariamente, pop che contamina l’impianto epico-cavalleresco (l’incipit nel castello, il filone del principe che salva la principessa) con un tono da gran bazar dell’eccesso (come quella specie di assemblea di Malefica con scagnozzi e corvi o la digressione canterina dei due re ubriachi).
Le scialbe figurine principali nulla possono in confronto ai personaggi magici: a dominare il film sono, infatti, le figure delle tre fate madrine di cenerentoliana memoria (una è/e trina: Flora è la capa pratica, Fauna la svampita dolce, Serenella la giovane ribelle) e l’imponente e superba Malefica, quintessenza di regale ed altera cattiveria (così iconica da conquistarsi il titolo del nuovo adattamento d’imminente uscita), che scatena un pandemonio per un motivo squisitamente terreno: non essere stata invitata ad un battesimo. Ah, che spettacolo le cattive di una volta.
LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO (SLEEPING BEAUTY, U.S.A., 1959) di Clyde Geronimi, Eric Larson, Wolfgang Reitherman, Les Clark. Animazione fantastico sentimentale musicale. ***