Sembrerà assurdo, ma la cosa migliore del penultimo, amarissimo, film di Marco Ferreri è Jerry Calà. Non è esattamente una grande prova, ma la sua forza sta proprio nell’ambire ad essere una grande prova, nel sottrarre involontariamente, nell’essere uomo di ripiego che vorrebbe essere star, nell’alludere a qualcosa di sfuggente che condanna all’infelicità.
Calà, col background dell’attore comico che aspetta da anni il ruolo drammatico per farsi valere (Totò docet), è struggente nel ritratto di questo uomo di seconda mano nervoso ed ossessionato da una figura femminile (brava Sabrina Ferilli) che incarna ogni cosa e quindi ogni male, e riversa tutto se stesso in un diario che è confidente silenzioso, giornale di bordo, sfogatoio.
La compianta Lietta Tornabuoni parlò del vizio di un diario più che del diario di un vizio, e c’aveva ragione. Spesso lo strumento risulta meccanico, quasi come se Ferreri avesse voluto affidare tutto alla parola scritta, un po’ per pigrizia e un po’ per sfizio, dichiarando la propria sfiducia nella narrazione ed affidando alle parole il dolore di immagini apparentemente fini a se stesse.
Non del tutto riuscito, con molti passaggi ripetitivi e senza un reale slancio, il film soffre della vena crepuscolare e disillusa, al di là del cinismo, dell’ultimo Ferreri, che rinuncia ad una vera storia per realizzare la rappresentazione di uno stato d’animo dilaniato e frustrato. Gato Barbieri sottolinea il nervosismo vivacemente erotico del protagonista, affermando ancor di più come il personaggio stesso sia il film, e basta.
DIARIO DI UN VIZIO (Italia, 1993) di Marco Ferreri, con Jerry Calà, Sabrina Ferilli, Massimo Bucchi, Valentino Macchi. Drammatico. ** ½