Recensione: Giulio Andreotti – Il cinema visto da vicino

GIULIO ANDREOTTI – IL CINEMA VISTO DA VICINO (Italia, 2015) di Tatti Sanguineti, con Giulio Andreotti. Documentario. ***

Frutto di un anno di conversazioni tra il 2003 e il 2004, Giulio Andreotti – Il cinema visto da vicino (dovrebbe essere la prima parte di un dittico), pur nella sua breve durata (un’ora e mezza), è il risultato di un mastodontico lavoro cinefilo sul costume italiano del dopoguerra caro a Tatti Sanguineti, che lascia intendere come non si possa parlare di cinema italiano prescindendo dal fenomeno Andreotti.

Il film parte dai primi passi come sottosegretario allo spettacolo e finisce alla metà degli anni cinquanta: nel mezzo, la famosa polemica sul neorealismo, gli aneddoti sul mondo dello spettacolo, i viaggi all’estero, l’esercizio della censura preventiva e non.

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Sebbene non dica più o meno nulla di realmente indispensabile, il montaggio di Sanguineti (che se l’è pure autofinanziato con sofferenza), coerentemente con i lavori svolti su Rodolfo Sonego o Walter Chiari, rappresenta un fondamentale tassello nella costruzione di una memoria collettiva riguardo l’incidenza del cinema (d’autore e di consumo) sul costume nazionale, attraverso la testimonianza di un divo assoluto, controverso e contraddittorio, ormai inscindibile dal lavoro di Sorrentino, e comunque sempre sfuggente nella sua praticità da provinciale di mondo. La tesi di fondo: nessun governante s’è impegnato per il cinema italiano più di Andreotti. E forse è vero.

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