Il problema di un solido filmone come Il velo dipinto è la sua scarsa ambizione. Sembrerà paradossale, ma probabilmente è così. Il melodramma, seppure edulcorato e rimaneggiato come in questo caso, è un genere in cui si deve anche esagerare. Invece la patina che copre il velo che avvolge il film è tutt’altro che caloroso: ecco, dov’è l’inghippo, è un film freddo.
Non cerebrale, ma esplicativo, nitido, esangue. È esteticamente bello, per varie ragioni: è ben pettinato, la ricostruzione storica è puntuale, il pennello che colora l’opera è appropriato. Eppure manca lo slancio che lo faccia arrivare a toccare le stelle. Non colpisce, non emoziona, non turba. Quello che dovrebbe essere il personaggio maggiormente coinvolgente, ossia Naomi Watts, risulta infine solo coinvolta. Il confronto con Greta Garbo è improponibile, ma la Watts è brava, seppure raggelata, frenata.
Il sottile Edward Norton sembra pensare ad altro, passato lì per caso (pur essendo stato il motore che ha portato a compimento l’opera in fase produttiva) come se nulla gliene possa interessare, eppure fa goal con l’arte di sottrarre e rende credibile il suo medico tradito e vendicativo. Meglio di entrambi, il piccolo Toby Jones. Filmone d’altri tempi, a cui manca proprio l’aria di quei tempi.
IL VELO DIPINTO (THE PAINTED VEIL, U.S.A., 2006) di John Curran, con Naomi Watts, Edward Norton, Liev Schreiber, Toby Jones, Diarna Rigg. Mélo. **
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