34° Torino Film Festival | Recensione: Cȃini (Dogs)

CÂINI (Romania, 2016) di Andrei Buticȃ, con Dragos Bucur, Gheorghe Visu, Vlad Ivanov, Costel Cascaval, Constantin Cojocaru, Raluca Aprodu. Noir. ***

Roman vorrebbe vendere la grande proprietà ereditata al confine tra Romania ed Ucraina. Il condizionale di troppo è dovuto a qualcosa di cui non è al corrente riguardo il nonno. Ci pensa il poliziotto della zona ad illuminarlo: il vecchio era un boss e il controllo dei suoi affari è ora nelle mani di Samir. Finito in un gioco troppo grande per le sue modeste ambizioni, Roman si ritrova quindi nel mezzo della faida locale tra la malavita e la polizia.

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Come esplicitato dal titolo e configurato dall’animale ricorrente della storia, letteralmente Cani, l’esordio di Andrei Buticȃ parla di bestialità. Lo fa cogliendo la catabasi di personaggi consapevoli del loro inabissamento, in un contesto ambientale nel quale il disumano trova terreno fertile. Con gli strumenti del noir, mette in scena una feroce tragedia en plein air, pervasa dall’implacabile calura che costringe ad un soffocamento tale da rasentare perfino la claustrofobia malgrado i grandi spazi (no, non è agorafobia).

Attraverso Roman, cittadino che torna in una patria che non gli appartiene né lo rappresenta, il film riflette sul tradimento delle radici; o viceversa sulle radici che tradiscono. È miope ragionare in rapporto alla dimensione politica della nazione (tipico procedimento adottato quando conosciamo poco una cinematografia periferica), perché Cȃini è davvero universale nel raccontare il devastante sistema delle leggi di una ruralità che qui accidentalmente si chiama rumena.

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