PARIGI PUÒ ATTENDERE (PARIS CAN WAIT, U.S.A., 2016) di Eleanor Coppola, con Diane Lane, Arnaud Viard, Alec Baldwin. Commedia. **
Parte da un’esperienza personale, Parigi può attendere, esordio – meglio tardi che mai? – dell’ottantunenne Eleanor Coppola, moglie di Francis e madre di Sophia. Dietro la storia c’è un fatto davvero accaduto alla signora che, mentre il leggendario regista era impegnato in un tour nell’est Europa, ha viaggiato da Cannes a Parigi, assieme ad un collaboratore del marito, in macchina.
Per la prima volta alle prese con un film di fiction, dopo alcuni documentari dedicati ai lavori dei familiari, Mrs Coppola sceglie la via dell’intimismo bucolico, accompagnando la cinquantenne consorte americana di un fin troppo impegnato produttore dalla Croisette alla capitale, a bordo dell’auto d’epoca del maliardo socio francese del marito.
Con il tipico sguardo dell’americano in Europa, il film è una carrellata di idilliche cartoline turistiche suggellata, con una scelta involontariamente didascalica, dallo scorrimento delle fotografie scattate dalla compulsiva ed effervescente protagonista.
Che è Diane Lane, una di quelle attrici che è sempre un piacere vedere in scena per eleganza, grazia e professionalità, ancora una volta straniera in vacanza dopo Sotto il sole della Toscana, con cui condivide la visione oleografica, il feticismo culinario, il romanticismo da villeggiatura. Nella seconda parte s’insinua una triste dimensione melodrammatica, ma la regia scolastica non è all’altezza dell’indubbia sincerità sottesa.
Pur non sgradevole, Parigi può attendere è solo l’ultimo esempio di un filone difficilmente ostile alla solita prospettiva elitaria del “vivere meglio lontano dalla frenesia del mondo” (un po’ sulla scia di Un’ottima annata), un tripudio di oneste banalità sulla tranquillità del mangiare e bere in posti arcadici e sull’antico cotè romantico della Francia, francamente irricevibile nei momenti “artistici” in cui i protagonisti immaginano di evocare i quadri dell’impressionismo.