Venezia 74 | Recensione: La casa sul mare

LA CASA SUL MARE (LA VILLA, Francia, 2017) di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Jacques Boudet, Anaïs Demoustier, Robinson Stévenin, Yann Trégouët, Geneviéve Mnich. Drammatico. ****

È sempre un piacere rientrare nel cinema di Robert Guédiguian, coerente fino all’ostinazione nella perseverante frequentazione di un mondo sospeso tra nostalgia del passato e coscienza del futuro. La casa sul mare è un compendio del suo universo narrativo e geografico: il ritorno a casa, cioè a Marsiglia, di tre fratelli riuniti al capezzale del padre riferisce il bilancio di una generazione che non sa stare a proprio agio con un presente lontano dagli ideali giovanili.

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Nessuno come il regista francese sa raccontare le disillusioni, il disincanto, le amarezze e la malinconie di coloro che hanno creduto a miti rivelatisi non all’altezza della prova con la realtà. E nessuno come lui sa oggi mettere in scena un cinema umanista così appassionato al rigore dell’etica, alla purezza della trasparenza, ai principi solidali come il complesso quotidiano che decodifica con empatia e limpidezza accanto ad una factory quasi familiare ormai collaudata.

Lo stesso titolo intende accogliere qualcosa di unico ed irripetibile nel suo genere: la villa è il luogo che il patriarca morente, che è stato il deus ex machina dell’economia della zona sovrastata, ha costruito assieme agli abitanti del luogo, in un’ottica di solidarietà in cui non esistono servi e padroni e ognuno è cosciente del proprio ruolo sociale.

Dominata da un grande terrazzo circolare pensato dall’amico di sempre, ormai anziano acciaccato che non vuole farsi aiutare economicamente dal figlio rampante, la villa è però diventata un luogo di assenze: il primogenito, rimasto in patria ma autonomo rispetto al padre, gestisce un ristorantino sul mare senza guadagnare molto; il secondo, appena andato in pensione forzata, è fidanzato con una trentenne e cerca di scrivere un’autobiografia; la terza è fuggita da un dolore troppo grande anche per una casa così spaziosa e recita con ottimo successo.

Cadendo in uno stato catatonico, il padre costringe i figli a confrontarsi con ciò che hanno lasciato, rispecchiandosi nelle esperienze di coloro che sono rimasti e individuando un nuovo senso del vivere comune di fronte alla disperazione di chi scappa dalle proprie case per cercare altrove un’impossibile speranza. Film quanto mai dentro la contemporaneità, La casa sul mare ospita frammenti di un passato già sublimato dal cinema: la giovinezza dei tre protagonisti è la stessa dei tre attori, il flashback è un pezzo del vecchio Ki lo sa?, permettendo così all’autore di ripensare il suo cinema dentro il cinema stesso.

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Un cortocircuito emozionante che si distacca dall’autobiografia per esplorare il più complicato esperimento dell’autoritratto allo specchio: interno alla narrazione ma che appartiene alla vita vero, con gli attori che ripetono se stessi nel rinnovare un’enciclopedia dei sentimenti di un cast che è anche un gruppo di amici.

Ed è così che il film, convocando il passato reale già reso finzione e esprimendo il presente attraverso una sua rappresentazione attendibile, e senza dimenticare l’autodeterminazione di chi non intende cedere ai contraccolpi della decadenza (struggente la scelta degli anziani), accarezza l’idea di un altro futuro possibile. Una delle più fondamentali ed importanti proposte di Venezia 74.

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