Lo spacciatore | Paul Schrader (1992)

Siamo convinti che Paul Schrader sia tra i massimi cineasti americani del secondo Novecento, autore che è tuttora capace di denudare i suoi tormenti nella sublimazione artistica, infilandosi nelle ferite di corpi martoriati dal cinismo della società. Come nel recentissimo e sconcertante First Reformed, anche ne Lo spacciatore c’è un protagonista che incarna un dolore e scrive: la sua voce ci introduce nelle pagine dei diari che riempie e, una volta conclusi, getta nel cestino.

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Non è il narratore della vicenda: è piuttosto un glossatore, un interprete della propria sensibilità, alla pari della “lettrice psichica”, che fissando i volti delle persone è in grado di comprenderne (indovinare?) cosa si agiti nell’anima. Quella di Willem Dafoe (indimenticabile) appartiene ad un uomo di seconda mano, spacciatore d’alto bordo salvatosi dall’abisso della tossicodipendenza, al servizio dell’affettuosa Susan Sarandon (grandiosa), scafata ed elegante trafficante che vuole abbandonare la droga per dedicarsi ai cosmetici, e dominato dal ricordo di un amore perduto improvvisamente ripalesatosi come per mettere alla prova l’equilibrio faticosamente raggiunto.

Lo spacciatore è una chiara parabola in cui tutti gli elementi riferiscono – anche troppo – un disastro etico. La New York di Schrader è simbolicamente invasa dai rifiuti per lo sciopero dei netturbini, occupata da abbienti abitanti o visitatori costantemente bisognosi di dosi a domicilio e dominata dal fantasma della morte che aleggia sottoforma di overdose accarezzando le fragilità di chi non sa fare pace con le proprie angosce.

Seguendo il ritmo delle malinconiche ballate di Michael Been, il film non è solo uno dei tanti compendi del cinema di Schrader, ma anche il trionfo della sua regia mai sensazionalistica e sempre più tesa all’attenzione all’umano: ogni immagine porta con sé il segno dell’esperienza, l’esercizio del dolore, un devastante senso di colpa, la profonda conoscenza del male che pervade la vita.

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Memorabili, tra le tante cose, la colonna tra Dafoe e Dana Delany nella mensa ospedaliera, l’insonnia di Dafoe dall’alto, Dafoe che ascolta in loop la voce registrata della segreteria telefonica. Film, appunto, pieno di messaggi lasciati nelle segreterie telefoniche, un’inquieta passeggiata notturna dietro i vetri appannati dell’auto, illuminata da improvvisi, semplici, splendidi spiragli di bellezza salvifica.

LO SPACCIATORE (LIGHT SLEEPER, U.S.A., 1992) di Paul Schrader, con Willem Dafoe, Susan Sarandon, Dana Delany, David Clennon, Mary Beth Terribile, Victor Garber, Jane Adams, Sam Rockwell. Noir. ****

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