UNA QUESTIONE PRIVATA (Italia, 2017) di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Valentina Bellè, Lorenzo Richelmy, Alessandro Sperduti, Anna Ferruzzo, Antonella Attili, Jacopo Olmo Antinori, Josafat Vagni, Giulio Beranek. Drammatico guerra. ***
Se non lo si sa a priori, leggere sui titoli di coda “regia di Paolo Taviani” è un piccolo trauma. L’idea che il cinema dei fratelli Taviani, da sempre fondato sul concetto di un autore che in realtà corrisponde a due persone, possa rinunciare nella fase operativa ad una delle anime della coppia fa pensare ad un crocevia decisivo della carriera di questo regista in attività da mezzo secolo. I problemi di salute, tuttavia, non hanno impedito all’ottantanovenne Vittorio di pensare assieme a Paolo quello che è uno dei film più importanti del loro percorso artistico, non fosse altro per il peso del testo letterario all’origine dell’opera.
Scrittore col quale il tempo è stato galantuomo, che col passare degli anni ha definitivamente conquistato il posto che merita nella letteratura italiana, Beppe Fenoglio è colui che meglio di chiunque altro ha raccontato la lotta partigiana, rielaborando la propria esperienza attraverso una lingua frantumata e polifonica. Cenni indispensabili benché minimi per capire quanto il cinema, nel confrontarsi col corpus fenogliano, debba misurarsi con una materia se non intraducibile comunque di fiammeggiante complessità.
Abituati ad adattare per il grande (e piccolo) schermo capolavori senza tempo, i Taviani sono consapevoli della ricchezza di questo poderoso racconto di una generazione alle prese con le dame, i cavalier, l’arme, gli amori, con il furibondo fatalismo del romanzo cavalleresco. Si appoggiano fedelmente al testo, cercano una connessione con gli altri loro film sulla guerra attorno, in primis La notte di San Lorenzo, ma ambiscono al compendio di un’epoca.
Partendo dal romanzo partigiano per eccellenza, non dimenticano i ragni che si arrampicano sugli alberi, i fori sui muri delle esecuzioni, i fascisti senza volti che scappano come codardi verso la morte. Lo fanno per dare il senso di un contesto, intuendo la difficoltà di mettere per immagini ciò che Fenoglio determinava con la sua prosa incandescente e finanche bilingue. Anche se Milton accenna a qualche parola in inglese, tutta la dimensione poliglotta del dolore fenogliano si perde negli occhi spiritati di un disperato Luca Marinelli, nel suo amore soffocato dall’amicizia e dal destino.
Nell’attesa della primavera di bellezza, i fratelli fanno perdere il corpo dell’attore nella storia di un amore spezzato over the rainbow, lanciandolo in un andirivieni tra passato e presente avvolto nella nebbia, abitato da fantasmi, percorso dal sangue. È nei frammenti che il sublime incontra la realtà: l’incontro silenzioso tra Milton e i genitori, la bambina che si aggira smarrita tra i cadaveri dei parenti, la mano tremante ed assassina del giovane fascista sono atti di cinema che definiscono una personale politica autoriale.
Ed è proprio negli inciampi e negli scompensi che Una questione privata rivendica il suo diritto di cittadinanza nell’odierno cinema italiano, facendone quasi una questione morale che lo mette accanto ad altri film senili, dal lontano Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica (quanta Micol c’è nella Fulvia di Valentina Bellè?) fino alle più recenti esperienze di Ermanno Olmi (qui co-produttore, che ha sempre desiderato di fare un film tratto da Il sergente nella nebbia), Marco Bellocchio, Gianni Amelio o Pupi Avati che, nel bene e nel male, si avviano all’ultimo capitolo della loro opera-mondo con la disincantata coscienza di essere ormai circondati da spettri.
L’ha ribloggato su IL LAUREATOe ha commentato:
Addio a Vittorio Taviani. Lo ricordo con il suo ultimo film, che ora assume un significato ancora più struggente.
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