Recensione: Benedetta follia

BENEDETTA FOLLIA (Italia, 2018) di Carlo Verdone, con Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Maria Pia Calzone, Lucrezia Lante della Rovere, Paola Minaccioni, Elisa Di Eusanio, Federica Fracassi. Commedia. ** ½

L’ultimo Verdone, almeno quello dell’ultimo decennio, ha subordinato il suo personaggio al contenuto, la sua maschera al tema. Pur restando sempre un grande professionista della commedia – se non il migliore, sicuramente quello che ha più retto l’urto del tempo fino a farsi icona – ha preferito misurare la storia di un uomo della sua generazione a contatto con questioni comunque inerenti il macrocosmo della famiglie disfunzionale da ricompattare attraverso un percorso di riavvicinamento e riconoscimento.

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Giunto a sessantasette anni, un’età in cui il suo maestro Sordi già si era avviato ad un triste tramonto, sente di dover intervenire per non fossilizzarsi, e da ottimo conoscitore della storia dell’arte – non fosse altro per contingenza parentale (suo padre Mario è stato il massimo esperto del futurismo) – adotta il metodo del restauro. In altri termini: rinnovare senza mutare. Galvanizzato dalla collaborazione con Nicola Guaglianone e Menotti (gli sceneggiatori di Lo chiamavano Jeeg Robot), Verdone resta sempre Verdone, conserva il suo stile garantendo quell’elemento di autenticità che da quasi quarant’anni lo rende unico nel suo genere.

Le due nuove leve non solo assicurano, perlomeno per buona parte del film, un ritmo che mancava negli ultimi lavori dell’autore, ma capiscono di dover valorizzare, due sue specialità: la struttura a sketch e il senso del tempo. Al centro di Benedetta follia c’è un personaggio che più verdoniano non si può: ex biker traumatizzato da un vecchio incidente in moto, è il proprietario sessantenne di un negozio che vende articoli sacri, morigerato, ammanicato col Vaticano e travolto dal coming out della moglie al venticinquesimo anniversario di matrimonio.

Dopo un bel momento malinconico in cui, al tavolo di un ristorantino, la voce di Franco Battiato lo accompagna in un nostalgico viale del tramonto sentimentale, scopre, grazie alla borgatara Luna, che ha assunto in modo rocambolesco come commessa, il mondo delle app per gli incontri. Va da sé che è l’espediente per osservare la sua nuova ed impossibile stagione dell’amore: sono episodi che permettono al regista-attore di mettersi in secondo piano, esaltando l’istrionismo di attrici chiamate a riempire di comicità frammenti utili a costruire per accumulo il personaggio maschile.

Chiaro che il meccanismo sia talmente esposto da risultare infine prevedibile. Tuttavia per Verdone è un’occasione per far vedere quanto il senso del tempo sia inscindibile dalla sua icona: magari si leva qualche anno, ma è una presenza rassicurante, in continuità con i personaggi a lui più congeniali proprio in virtù del suo saper accettare il tempo che scorre. Il film racconta proprio l’approdo del (suo) personaggio ad una serenità che ha a che fare anche col suo essere padre.

E se tutto quest’ultimo decennio, da Il mio miglior nemico in poi, è stato, in fondo, una grande narrazione sull’essere padri, qui Verdone conferma la tesi, individuando in Ilenia Pastorelli una meravigliosa compagna di viaggio, forse la presenza nel suo cinema esteticamente più erotica e al contempo meno vincolata al dovere di suggellare il legame con il sesso (una perplessità già forte in Posti in piedi in Paradiso, dove sul gap anagrafico con Micaela Ramazzotti si costruiva la dialettica sentimentale).

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Benedetta follia è pieno di molta roba, per certi versi addirittura troppa, come dimostrano il trip lisergico derubricabile alla stregua di un piccolo capriccio pop e la sottotrama delinquenziale che permette al film di trovare una chiusura un po’ forzata. Ma il cuore sta nel rapporto tra la figlia sbalestrata di un padre assente ed insensibile e un padre di famiglia che si rende conto di non avere più una famiglia (che fine fa la figlia?). Non a caso, e anche se non sembra, si svolge in un’estate romana pigra e sfollata: una città che assicura la possibilità di spazi nei quali poter instaurare legami, ripensare se stessi, riconciliarsi.

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