Recensione: Il giovane Karl Marx

IL GIOVANE KARL MARX (LE JEUNE KARL MARX, Francia-Germania-Belgio, 2017) di Raoul Peck, con August Diehl, Vicky Krieps, Stefan Konarske, Olivier Gourmet, Hannah Steele, Ivan Franek. Biografico storico drammatico. *** ½

Uno spettro si aggira per il cinema europeo: ed è quello del socialismo, variamente modulato, riletto, interpretato, filtrato attraverso la lente di un tempo contemporaneo post-ideologico ma con i problemi di sempre. Le diseguaglianze, la critica al turbocapitalismo, gli ultimi sono al centro di molti film recenti che dialogano con le contraddizioni del vecchio continente, da Miracolo a Le Havre a Happy End passando per Io, Daniel Blake a La villa.

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E proprio il regista di quest’ultimo, il compagno Robert Guédiguian, è tra i produttori de Il giovane Karl Marx, un film che arriva dal passato per dialogare col futuro. Se di primo acchito il bignami biografico del grande pensatore può sembrare qualcosa di didascalico, forse anacronistico, quasi un’operazione didattica da televisione di una volta, alla prova dei fatti si rivela invece un’appassionata tranche de vie che racconta Marx ed Engels alla maniera di due rockstar.

Scapestrati, scapigliati, soprattutto giovani. E se non fosse blasfemo potremmo aggiungere anche carini e disoccupati. Intorno, le conseguenze della rivoluzione industriale. Ecco la vera intuizione: distaccarsi dall’immagine dell’anziano filosofo barbuto e per alcuni respingente per raccontare gli albori del rivoluzionario, il venti-trentenne che cerca di conciliare il desiderio di cambiare il mondo con la necessità di mantenere la famiglia in fieri.

E se Marx è raccontato con il gusto di un eroe moderno con la simpatia e l’empatia dovuta ai geni ma senza gli acritici settarismi delle agiografie ad uso e consumo degli iniziati, è Engels a rappresentare una vera sorpresa. Sia perché la sua minore esposizione iconografica lo rende un soggetto più malleabile, sia perché la sua posizione nella storia (figlio di industriali, quindi ricco e borghese) ne mette in luce non tanto il conflitto di classe quanto la sincerità con la quale sceglie di combattere una battaglia contro il suo ceto d’appartenenza.

In questa prospettiva assumono un ruolo fondamentale le donne: non semplici sostenitrici dei due uomini, mogli devote e comprensive, ma vere ispiratrici di un progetto ideologico e politico anche perché di estrazioni antitetiche rispetto ai compagni (aristocratica la moglie di Marx, operaia quella del padrone Engels). Una componente che contribuisce a restituire alla narrazione quel sapore di autenticità modulato da Raoul Peck sul registro dell’intimismo, allo stesso modo con cui trasmette l’evoluzione delle riflessioni negli sguardi dei pensatori.

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L’animo del regista haitiano lo si rintraccia anche nei frammenti esterni al biopic, dove nel mettere in scena plasticamente il cuore dei ragionamenti coglie l’occasione per connettere le speculazioni marxiste al discorso sulle disuguaglianze di tutto il mondo, già affrontato nel contesto americano con I Am Not Your Negro. Grazie alla sua regia, per certi versi davvero ispirata da quella necessità pasionaria tipica di Guédiguian (evidente nei memorabili titoli di coda dylaniati…), Il giovane Karl Marx unisce l’epica del racconto storico all’economia di uno sguardo ecologico, le ristrettezze del budget alla capacità di far di necessità virtù, il prima della rivoluzione dentro una narrazione dentro o dopo la mancata rivoluzione.

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