Far East Film Festival 20 | Recensione: Our Time Will Come

OUR TIME WILL COME (明月几时有, Cina-Hong Kong, 2017) di Ann Hui con Xun Zhou, Eddie Peng, Huo Wallace, Deannie Yip, Tony Leung Ka Fai, Siu-Fai Cheung, Joman Chiang, Sui-Fan Fung Stanley, Tao Guo, Zhi-zhong Huang. Drammatico. *** ½

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Bianco e nero, oggi. Un uomo anziano rievoca fatti del passato. Potrebbe essere una storia nel solco di Reds, ma il ricordo ben presto prende la forma di una narrazione rapsodica. Chi è colui che parla? Qualcosa in più di una comparsa, qualcosa in meno di un comprimario. Un reduce dal mondo dei morti. Dei martiri. Negli anni della guerra, con Hong Kong occupata dai giapponesi, era un ragazzino, e la sua maestra, Lan, si opponeva al regime militando nella resistenza.

Partendo da fatti realmente accaduti ma rielaborati, Our Time Will Come racconta la missione segreta per salvare il poeta comunista Mao Tun, ospite in casa della madre di Lan. Attorno a questo episodio, la descrizione di una città in piena guerriglia, che cerca faticosamente di conciliare qualche momento di distrazione con la palpabile e terribile tensione della morte incombente, dall’alto dei cielo o dietro l’angolo.

Con la consueta ed emozionante sensibilità, la veterana Ann Hui ripensa il genere bellico adottando lo sguardo di due personaggi femminili marginali(zzati) dalla storia ufficiale: colte nell’istante in cui capiscono di doversi far carico – a modo loro – delle sorti di una nazione martoriata, madre e figlia vivono l’ora delle grandi scelte mentre si consumano in un’apparente e forzata normalità i riti quotidiani delle loro esistenze povere ed estremamente umili (il matrimonio della cugina con il servizio da pranzo a noleggio).

Se la giovane trova nella ribellione al potere violento un’occasione per esercitare il proprio spirito lucidamente patriottico nei termini di una pericolosa avventura piena di trappole, è attraverso la madre, l’anziana signora Fong, che Hui individua un simbolo etico in grado di trasmettere la struggente epica del sacrificio: Deanie Ip, già Coppa Volpi con A Simple Life della stessa regista, è indimenticabile nel darle il corpo fragile ma soprattutto il cuore immenso.

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Sono presenze delicate e al contempo forti, emblemi di un popolo umiliato ed offeso ma resiliente, che trasmettono con potenza lirica ed empatica – e senza eccedere nell’enfasi – l’autenticità di un pezzo di storia rivissuta attraverso i ricordi dell’anziano testimone, alfiere di una memoria feconda e fondativa. Attorno a loro, le anime perlopiù maschili di un dramma del quale si percepisce tutto il pathos tragico, con l’apice poetico del confronto tra il dissidente e il suo capo.

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