Italia ’50s – 21 | Gelosia | Pietro Germi (1953)

Pietro Germi derubricò Gelosia abbastanza sdegnosamente come una «prestazione d’opera», addirittura un film fatto per sbaglio e senza interesse, ascrivibile più al produttore che a lui stesso, analogamente a quanto accaduto l’anno prima con La presidentessa. Adattamento del romanzo verista Il marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana, segue quello di un decennio prima realizzato da Ferdinando Maria Poggioli.

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Superando la sua cattiva opinione, leggiamo Gelosia coerentemente dentro la costante esplorazione siciliana di Germi, successiva al clamoroso exploit western-mafioso di In nome della legge e precedente al grottesco ritorno trionfale di Divorzio all’italiana. Proprio queste due esperienze fungono da riferimenti fondamentali per orientarsi nella disanima di questo film negletto e rimosso nel percorso del grande regista.

Da una parte, in continuità con il primo e con l’altra avventura meridionale rappresentata ne Il brigante di Tacca del Lupo, Gelosia lascia esplodere la via americana di una regia votata all’entertainment, tra deflagrazioni melodrammatiche, incardinate in spazi sapientemente tagliati da luci contrastate e vertiginose fughe prospettiche, che si dipanano secondo una sensibilità noir ben accordata alla dimensione western di un ambiente arido, ostile, respingente, bruciante.

La stessa location presenta i segni della decadenza probabilmente postbellica che si adatta correttamente ad un racconto non contemporaneo eppure vincolato ad un sistema di valori ancora imperante negli anni cinquanta. Per quanto sia pigramente coinvolto, Germi architetta la messinscena con la lucidità necessaria per far emergere la follia del racconto, con i simboli religiosi a significarne il risvolto allucinato.

Dall’altra parte, i temi della gelosia, del delitto d’onore, del gallismo siculo, della sottomissione femminile che si rincorrono nella narrazione angosciosa e tormentata vengono affrontati con una tensione melodrammatica più tragica rispetto al tono buffo e ridicolo del film con cui vinse l’Oscar, senza il benché minimo accenno ad un’ironia che invece trionfa nei lavori della cosiddetta svolta commerciale.

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A dispetto di una confezione molto solida, valorizzata dai contributi degli abituali collaboratori di Germi (la straordinaria fotografia è di Leonida Barboni, le scenografie di Carlo Egidi, l’incessante commento musicale di Carlo Rustichelli), Gelosia soffre la recitazione manierata di attori non all’altezza della situazione, dal carisma schiacciato senza troppi complimenti dalla presenza importante della feroce Paola Borboni, purtroppo doppiata da Giovanna Scotti.

GELOSIA (Italia, 1953) di Pietro Germi, con Erno Crisa, Marisa Belli, Paola Borboni, Vincenzo Musolino, Liliana Gerace, Alessandro Fersen, Grazia Spadaro. Mélo. ** ½

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