Italia ’50s – 25 | Ballerina e Buon Dio | Antonio Leonviola (1958)

Che film bizzarro, Ballerina e Buon Dio, sin dal titolo sospeso tra l’aura poetica e la stucchevolezza oratoriale. A prima vista, un prodotto pensato per il circuito delle sale parrocchiali, una favola quasi natalizia anche senza la festività. Dopotutto di cosa parliamo? Di un orfano convinto che le mamme si possano scegliere, del suo percorso avventuroso per cercare un posto nel mondo fuori dall’orfanotrofio.

La ballerina è la mamma che il bambino sceglie deliberatamente; il buon Dio è letteralmente il padreterno, con il corpo sornione di Vittorio De Sica che s’incarna in ben quattro personaggio, angeli di seconda classe che intervengono per condurre il piccolo Marietto verso l’obiettivo. Che sia il mitico artista ad impersonarlo non è casuale: certo, contano le necessità di fare cassa per pagarsi il vizio del gioco (De Sica si è prestato a qualunque operazione), ma, insomma, c’è dell’altro.

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Per far accettare il tono fantastico di questo apologo spirituale occorre una presenza che sappia garantirne la credibilità. L’affabulazione innata di De Sica permette al film di assestarsi in un territorio poco esplorato dal cinema italiano, molto affine a certe esperienze americane come Il miracolo della 34a strada e Harvey: una realtà che soggiace alla regole della favola, innescare la magia per correggere le brutture (il titolo internazionale è significativamente Angel in a Taxi).

La magia, comunque, ha a che fare con la fede, anche se il riferimento religioso più esplicito è dato dalle monache non particolarmente simpatiche che però allevano gli orfanelli. In più, la scelta del piccolo Carlo Angeletti, accreditato nei titoli di testa direttamente col nome del suo personaggio, Marietto, è legata alla somiglianza con Pablito Calvo, alias Marcellino pane e vino che proprio nel 1958 recita in Italia con Totò.

Dunque, l’operazione è tutt’altro che banale, piena di sottotesti e riferimenti ad un immaginario preciso, un rassicurante ed affettuoso racconto popolare che pare tratto da un fatto di cronaca e si rivolge ad un pubblico forse infantile. Sovrintende tutto il vulcanico Antonio Leonviola, che produce, dirige e scrive (facendosi affiancare da Mario Monicelli!) con la scafata esperienza del narratore attento a calibrare la dimensione onirica e l’afflato melodrammatico, l’ironia verso i gradassi e l’empatia con i puri di cuore.

BALLERINA E BUON DIO (Italia, 1958) di Carlo Angeletti, Vera Cecova, Vittorio De Sica, Gabriele Ferzetti, Roberto Risso, Pina Renzi, Gisella Sofio, Mario Carotenuto, Dori Dorika, Giacomo Furio, Erminio Spalla, Dolores Palumbo, Polidor. Sentimentale fantastico. ** ½

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