Oscar 1942: film, regia, attore non protagonista, fotografia, scenografia (candidato per: attrice non protagonista, sceneggiatura non originale, montaggio, sonoro, colonna sonora)
Quando arriva il momento di riempire le pagine di notizie inerenti gli Oscar, c’è sempre l’articolo che elenca quelli che generalmente sono considerati i premi più immeritati o discutibili della storia. Sono esplorazioni nella memoria non di rado condivisibili, che confermano quanto questi riconoscimenti siano utili soprattutto per ricordare i prodotti di un passato spesso glorioso, nei casi migliori entrati in quel canone del cinema (americano) che è gli Oscar.
Detto ciò, ha francamente stancato l’inserimento di Com’era verde la mia valle in questi cataloghi degli errori. Al di là dei suoi meriti o demeriti, il problema del film di John Ford sarebbe quello di aver scippato la vittoria nelle categorie principali a Quarto potere, considerato da sempre il miglior film della storia del cinema. Ed è vero che oggi ricordiamo e studiamo di più il capolavoro di Orson Welles rispetto all’epopea di Ford.
Tuttavia, dobbiamo contestualizzare e capire prima di giudicare. Uno: possibile che nessuno si renda conto di quanto sia di per sé importante che una congrega piuttosto reazionaria e poco incline ad accettare le novità abbia nominato un lavoro rivoluzionario come quello di Welles? Possibile che nessuno sottolinei che l’unico Oscar finto da quel film sia quello per la sceneggiatura originale, un premio assegnato magari per contentino ma che sottolinea lo sbigottimento di un gruppo di elettori paraculi ma non del tutto ingenui?
Due: fermo restando l’importanza capitale dell’esordio di Welles, come si fa a sottovalutare un qualsivoglia film di Ford? Non è una dichiarazione da sterile politica degli autori sostenere che il peggior Ford sia comunque migliore di tanti altri, così come pensare che non si ama davvero il cinema se non si ama Ford. Slogan, probabilmente, ma insomma: stiamo parlando di John Ford, diamine.
Tre: possibile che nessuno evidenzi il clima bellico in cui l’industria assegna i riconoscimenti quasi come se niente fosse (the show must go on, chiaro), premiando e segnalando naturalmente anche i lavori di coloro che s’impegnavano nella propaganda contro il nemico? Mentre metteva su il film che gli valse il terzo Oscar della carriera (il secondo consecutivo), Ford prestava servizio realizzando cortometraggi didattici per conto dell’esercito. E, inoltre, tutti amavano Ford.
D’accordo, non è l’esito più alto della sua incredibile carriera, ma è difficile non provare dell’affetto nei confronti di Com’era verde la mia valle, a maggior ragione in virtù di questa cattiva fama che l’accompagna per aver ottenuto premi secondo taluni rubati. In realtà si tratta di uno tra i più sentiti ed intimi film di Ford, un appassionato ed appassionante romanzo famigliare sullo sfondo di un piccolo villaggio del Galles, dove quasi tutti lavorano come minatori.
Dopo il premio come miglior regista ottenuto l’anno prima con Furore – quello sì un vero ed ineccepibile capolavoro – ecco che qui ricorre ancora il tema della fatica (del vivere, del lavorare) ma mitigato da sentimenti meno aspri e tendenti alla rappresentazione di un realismo lirico ben accordato al clima domestico evocato. Come capita in molto cinema di Ford (da La più grande avventura a I tre della croce del Sud, per non citare i fondamentali caposaldi) il senso di comunità si conferma uno dei mattoni indispensabili su cui edificare il vivere civile.
Non a caso i momenti migliori – la mamma che riprende a camminare tra i festeggiamenti del villaggio da una parte; il lutto della miniera dall’altro – sono quelli che intrecciano il privato con il coro esterno alle dinamiche familiari ma necessario a mantenere l’armonia. Ma Com’era verde la mia valle è soprattutto un reminiscenza intima al tramonto di un’epoca, rievocata dal narratore intradiegetico nella cui voce collimano la vicinanza agli eventi e il disincanto provocato dal tempo che passa.
Batte qui il cuore fiammeggiante di un’Irlanda pura e mai dimenticata, ripensata con gli occhi dell’infanzia; e poi anzitutto incarnata dalla rossa figura della suprema Maureen O’Hara (e da uno stuolo di impeccabili comprimari, su tutti Donald Crisp e Sara Allgood) e dunque segnata per sempre dai distacchi generati dalle emigrazioni verso la nuova terra delle grandi speranze, infine rimpianta per la sua mai rimossa capacità di accogliere in sé lo spirito solidale e popolare.
COM’ERA VERDE LA MIA VALLE (HOW GREEN WAS MY VALLEY, U.S.A., 1941) di John Ford, con Walter Pidgeon, Maureen O’Hara, Donald Crisp, Anna Lee, Roddy McDowall, Barry Fitzgerald, Sara Allgood. Drammatico. *** ½
Film straordinario…
Mi associo al tuo appello: basta dire che questo è un Oscar scippato a Welles!!… a parte che col senno di poi son buoni tutti, ma Quarto potere è un film importantissimo dal punto di vista tecnico, ma a mio avviso non può competere narrativamente con l’epopea di Ford…
E poi, ragionando in questo modo, cosa dovremmo dire di Hitchcock o Kubrick, gente che è sempre stata snobbata dall’academy?
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L’importante è contestualizzare. Per me è già di per sé importantissimo che all’epoca si sia riconosciuto il valore di Qp, cosa assolutamente non scontata. Poi i premi lasciano il tempo che trovano e non è che Ford sia il primo scappato di casa, ecco
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