EXCAVATOR (POKEUREIN, Corea del Sud, 2017) di Lee Ju-hyoung, con Tae-woong Eom, Kyeong-ik Kim, Jung-Wan Shim. Drammatico. ***
Kim Gang-il fa l’escavatore. Mentre sta lavorando, rinviene nel terreno un teschio con un foro di proiettile in fronte. Diciamolo subito: a sparare è stato anche lui. Esattamente il 18 maggio 1980, quando, membro dell’esercito, ricevette l’ordine di sparare sulla folla riunitasi pacificamente nei pressi di Gwangju. Dalla ferita mai rimarginata il senso di colpa sgorga spietato e pretende risposte per spiegare il male assoluto.
Eccoci qua: il male assoluto può essere spiegato? Forse no. Intanto, perlomeno, c’è il dovere di affrontarlo di petto. Archeologia del dolore: il ricordo come un trauma rimosso che riaffiora alla vista dell’oggetto perturbante, il segno di quella cultura della morte sulla quale si edificano le dittature, il feticcio tragico di un momento nel quale l’umanità ha abdicato per ottemperare ai doveri militari, all’esecuzione delle direttive del terrore.
Scavando nel passato recente di una nazione che sembra aver rimosso le pagine più plumbee e drammatiche della sua storia (ma sottolineiamo due altri ottimi film coreani, A Taxi Driver e 1987, che esplorano la tragedia di una nazione stretta nella morsa della tirannia militare), Lee Ju-hyoung mette in scena con passo solenne ma non magniloquente una sceneggiatura di Kim Ki-duk, suo mentore impegnato anche come produttore.
Contando sull’apporto fondamentale del suo protagonista, lo sguardo del regista s’interessa alle parabole impreviste dei destini dei carnefici, chi finito a pregare nella convinzione di poter espiare tutte le colpe rapandosi il capo e chi semplicemente rimuovendo il passato adempiendo alle logiche del capitale adattando la già adusa rinuncia all’umanismo. Una spoon river maledetta di corpi sopravvissuti alla barbarie che però contengono anime ferite a morte.
Come quella del comandante, una parte per tutto il potere, invecchiato eppure sempre lì a rivendicare uno spazio, scopertosi vulnerabile rispetto a quel ricordo materializzato nella figura dal protagonista, revenant alla ricerca di un’impossibile redenzione. Resa dei conti feroce e disperata che incornicia i meriti e i limiti di un cupo e funereo viaggio al termine della notte.