MA COSA CI DICE IL CERVELLO (Italia, 2019) di Riccardo Milani, con Paola Cortellesi, Stefano Fresi, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Lucia Mascino, Giampaolo Morelli, Carla Signoris, Paola Minaccioni, Ricky Memphis, Alessandro Roia, Remo Girone, Teco Celio, Tomas Arana. Commedia azione. **
Paola Cortellesi crede nella commedia. All’italiana, ovviamente. Il grande totem del cinema di casa nostra che vuole far ridere. Ma anche riflettere. E che trova tutta la sua problematicità in questa doppia ambizione. Questione di contesti: la commedia all’italiana è solo in superficie uno spirito che travalica le epoche. Essa è invece il prodotto stesso di un’epoca: il dramma dell’inadeguatezza incontra la cialtroneria, le pezze al culo sotto un pretenzioso vestito buono come abito della commedia di costume.
Ma non sgraviamo. Stiamo al punto. Cortellesi non è soltanto l’unica attrice italiana a poter garantire una certa sicurezza al botteghino, ma anche quella che si è (e le è stata) concessa la maggior possibilità di crescere sul grande schermo e formare la propria identità film dopo film. Ad oggi, grazie alla collaborazione gomito a gomito con il marito Riccardo Milani e gli sceneggiatori Giulia Calenda e Furio Andreotti, è l’unica commediante che sta agendo nel solco ideale di quella tradizione che costruisce storie brillanti attorno o a partire da “temi sociali”.
Certo, il quartetto arriva da Come un gatto in tangenziale, sì una delle migliori commedie degli ultimi vent’anni nonché un mezzo miracolo per intuizioni, ironia, esattezza antropologica mischiata a semplificazione comica. La strada di Ma cosa ci dice il cervello (titolo bruttarello, che conferma l’ossessione dell’ammiccamento ad espressioni del parlato o cita frasi già conosciute: Sotto una buona stella, Se Dio vuole, Perfetti sconosciuti, Non c’è campo, Smetto quando voglio…) è tutta in salita.
A prima vista sembra costruito in maniera un po’ frettolosa, se non approssimativa. Da una parte, sviluppa un’idea di action comedy perlomeno trascurata dal nostro cinema, occhieggiando – per esempio – a Spy con Melissa McCarthy ma senza crederci nemmeno sul fronte della parodia, rendendo Paola un’agente dei servizi segreti che si finge impiegata del ministero ed è impegnata in un’improbabile missione volta a catturare il trafficante di un’arma di distruzione di massa (!).
Dall’altra, rimette il personaggio in contatto con dimenticati amici del liceo, tutti più o meno segnati da esperienze professionali mortificanti. Per vendicarli, riprendendo la suggestione del sottovalutato C’è chi dice no, la protagonista si serve delle sue competenze spionistiche per ordire improbabili (mi ripeto, ma è volontario) ritorsioni ai confini della legalità. Sullo sfondo, la madre quasi sessantenne che cavalca una rutilante seconda giovinezza. Di traverso, un nuovo amore al posto dell’ex marito aviatore.
L’obiettivo qual è? Mettere alla berlina l’Italia del pressapochismo, dell’arroganza, dell’ignoranza, del “l’ho letto su Internet”, del “tutti possono fare tutto”. Difendere l’Italia dell’educazione, dello studio, del rispetto verso l’altro, delle competenze. In che modo? Lasciando che sia un pezzo (segreto) dello Stato a proporsi quale Avenger della parte buona del Paese. Per arrivare dove? Ad una deriva utopica e addirittura edificante che finisce per negare la possibilità stessa di quella commedia all’italiana bramata dagli autori: senza i cialtroni, i peracottari, i pezzidimerda, gli stonzi, che commedia può sussistere?
Cosa troviamo, infatti, sui titoli di coda? Marco Mengoni che canta «credo negli esseri umani». Appunto. Privo di quella compattezza necessaria a trasferire davvero l’idea di una storia organica, venato di una stanchezza da non prendere sottogamba, Ma cosa ci dice il cervello è una sequela di gag e sketch ora simpatici ora monotoni che permette l’utilizzo di attori chiamati ad interpretare personaggi appena abbozzati, un po’ monodimensionali, chiusi nei cliché dei loro filoni poco ariosi.
D’altro canto, è la testimonianza di quanto Milani sia un regista che ama gli attori dai quali è molto riamato: un rapporto di fiducia che va al di là dei pochi minuti nei quali restano in scena tipi come Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Giampaolo Morelli, Ricky Memphis, Remo Girone e l’ottima Carla Signoris, forse quella che più soffre questa riduzione più a svalorizzata comprimaria che a preziosa caratterista. Tra i più fragili Cortellesi-movie.