Gastone | Mario Bonnard (1960)

Progetto Sordi

Non viene quasi mai citato tra le sue migliori interpretazioni, eppure Gastone è uno degli epicentri della carriera di Alberto Sordi, quasi una svolta nel percorso di un attore che, grazie ai due film bellici del biennio ’59-’60 (La grande guerra e Tutti a casa), si stava costruendo una non scontata credibilità nel cinema più serio. E ciò perché qui Sordi rende omaggio a uno dei suoi numi tutelari (Ettore Petrolini) assieme e attraverso uno dei più suoi cari amici (il settantenne Mario Bonnard).

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Gastone è la maschera forse più celebre di Petrolini, protagonista di una satira sul mondo dello spettacolo negli anni Venti. Al grande istrione romano, Bonnard era molto legato, così come al giovane divo della commedia italiana. Il film nasce nel segno di questa aurea triangolazione nel nome del varietà, nel momento di massima gloria cinematografica di Sordi: ed è quantomeno intrigante che un personaggio tanto decadente sia interpretato da lui.

Gastone si fa chiamare Gaston Le Beau, veste il frack del “bell’adone”, porta i capelli inamidati e si guadagna da vivere nei tabarin come danseur mondain e s’improvvisa insegnante di danza. Prigioniero del suo ruolo, si atteggia a dongiovanni che non deve chiedere mai, ha rapporti con la pigra nobiltà capitolina, non disdegna il ruolo di pappone, illude le donne ed è in realtà un truffatore, per di più interessato solo a raggiungere il successo impeditogli dallo scoppio della Prima guerra mondiale.

Come in una versione più cialtrona del Pigmalione, riconosce in una giovane e ambiziosa domestica le doti per poterla rendere la nuova vedette del suo spettacolo. Ma – e qui siamo in pura È nata una stella – quando lei spicca il volo conquistando il pubblico, lui finisce in disgrazia. Ecco, forse di Gastone non si sottolinea mai abbastanza la sua dimensione melodrammatica, forse un po’ soppiantata dall’esplosivo personaggio maschile e dagli exploit virtuosistici di Sordi (il ballo da fermo, per esempio), alla prova del nove con un tale moloch.

Prodotto meno popolare di quanto vorrebbe e di rutilante sontuosità, che racconta (rimpiange?) la fine di un mondo (beh, Bonnard di quel mondo era parte integrante…) come l’estremo Mario Soldati di Policarpo, ufficiale di scrittura, Gastone si avvale di un comparto tecnico di lusso, soprattutto la leggendaria costumista Maria De Matteis e lo scenografo Mario Chiari, senza omettere il contributo della splendida fotografia di Luciano Trasatti forse memore dei fasti malinconici e maliziosi del recente Gigi di Vincente Minnelli.

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Produce Mario Cecchi Gori, con un supercast che pullula di comprimari prestigiose (Vittorio De Sica nel typecasting del maturo e sornione aristocratico, Paolo Stoppa, Anna Maria Ferrero), caratteristi infallibili (Franca Marzi come sfiorita ex soubrette, Livio Lorenzon, Nando Bruno), presenze internazionali (Magali Noël, la cubana Chelo Alonso), piccole vecchie glorie (Nanda Primavera, Lola Braccini, il cammeone di Tino Scotti che fa un illusionista in declino). E Sordi? Vola, ma nella parte finale è addirittura struggente.

GASTONE (Italia, 1960) di Mario Bonnard, con Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Anna Maria Ferrero, Franca Marzi, Chelo Alonso, Magali Noël, Paolo Stoppa, Livio Lorenzon, Tino Scotti, Mimmo Palmara, Nando Bruno, Mino Doro, Salvo Libassi, Linda Sini, Nanda Primavera. Commedia. ***

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