Martedì 25 giugno
- Ore 9:00. Ancora la retrospettiva “Siamo gli indigeni della Trizonia”, sul cinema della Germania Ovest dell’immediato dopoguerra. E ancora Helmut Käutner, supremo e inconfondibile sceneggiatore di Film ohne titel (Film senza titolo), diretto da Rudolf Jugert. Prima di Henriette di Julien Duvivier, una commedia teorica sull’arte e la tecnica dello scrivere una commedia: qui abbiamo tre sceneggiatori che cercano di mettere su un film e rincorrono le traiettorie narrative di un professore dedito all’antiquariato, sposato ad una ricca omologa, invaghitosi della cameriera ingenua e campagnola.
- Ore 11:00. Continua la retrospettiva in gloria di Youssef Chahin con Iskanderija… lih? (Alessandria… perché?), che valse al maestro egiziano l’Orso d’argento a Berlino nel 1979. Intrecciando storia collettiva e storia personale nell’Egitto della Seconda guerra mondiale, Chahine infila quello che è generalmente considerato il suo capolavoro offrendo il primo racconto autobiografico del cinema arabo. Segni di un’evidente auto fiction, la passione per il musical americano, i colori brillanti di un Amarcord benché meno fantastico del modello felliniano, una rutilante galleria di personaggi, l’omosessualità inaudita, l’amore che poco può di fronte alla barbarie bellica. Ingiusto che sia così poco conosciuto: ha le carte per essere recepito quale classico da tutto il mondo.
- Ore 14:15. Jean Gabin, annuale protagonista della consueta retrospettiva sul mestiere dell’attore, è la star di Le mura di Malapaga, coproduzione italo-francese diretta da René Clément. Oggi del tutto dimenticato, all’epoca vinse nientemeno che l’Oscar per il miglior film straniero e garantì alla già matura Isa Miranda il premio per la miglior attrice al Festival di Cannes (produce suo marito Alfredo Guarini, come quasi tutti i film di questa ex diva dopo la guerra). L’ottimo film non solo dimostra quanto il mélo sia la cosa più simile al noir, ma coglie con una fortuna che confina con il genio lo straordinario paesaggio di una Genova massacrata dalla guerra: il titolo italiano si riferisce alla cinta muraria che accerchia una città mai davvero valorizzata dal cinema, che qui esplode tra le macerie, edifici fatiscenti (pur ricreati a Cinecittà) che la fanno assomigliare a Napoli, discese ardite e risalite tra una capitale africana e un vicolo portoghese.
- Ore 16:15. In una delle quelle classiche congiunture dei festival, mi trovo di fronte al bivio: esco dall’Arlecchino e vado a godermi il francese Le gattine in Sala Scorsese o rifiuto l’escursione termica e resto all’Arlecchino a scoprire un film tedesco di cui non so assolutamente nulla? Opto per la seconda, malgrado quest’anno l’aria condizionata dell’Arlecchino stia mettendo a dura prova la nostra pazienza, che mai dimentichiamo le terribile sessioni umide del Jolly ora riparato. E quindi scopro il restauro di questo Königskinder, che letteralmente significa “figli del re” come recita una canzone popolare che fa da leitmotive, ovvero due innamorati che non possono amarsi perché il mondo è cattivo. Più interessante che davvero avvincente, è quasi una graphic novel in cui la splendida resa delle immagini (sovrapposizioni, dissolvenze, collage e così via), esaltate da un’incredibile fotografia in bianco e nero, dimostra una modernità assolutamente inaspettata, con attori chiamati a interpretare drammatiche stilizzazioni di ruoli consolidati (lui, lei, l’altro).
- Ore 19:00. Nuovo appuntamento con Hollywood Party, che ospita la divina Alexandra Stewart, arrivata a Bologna per presentare la riedizione di Le gattine. Una di quelle attrici che, ad un certo punto, ha scelto la vita anziché il cinema, racconta con gusto le sue esperienze italiane, dall’episodio di Thrilling diretto da Ettore Scola alla partecipazione – da lei dimenticata! – ad una commedia del comunque lodato Camillo Mastrocinque, fino all’incontro con Beppe Grillo (la faccia della Stewart quando lo sente nominare è impagabile) sul set di Cercasi Gesù (ma poi ne nomina il regista, Luigi Comencini, e si rasserena al dolce ricordo).
- Ore 21:45. In Piazza Maggiore è la volta del restauro di Il cameraman di Buster Keaton, la cui opera è al centro di un mastodontico progetto di restauro, conservazione e riedizione che la Cineteca sta portando avanti da qualche anno una volta concluso l’altrettanto fondamentale Progetto Chaplin. Sul film c’è poco da dire, è un capolavoro e il pubblico ride e si emoziona a distanza di novant’anni. Prima della proiezione, Thierry Fremaux, delegato generale del Festival di Cannes sempre presente al Cinema Ritrovato, ha presentato i soliti colpi al cuore dei fratelli Lumiére, che centoventi anni fa avevano già fatto tutto il cinema possibile e immaginabile. E l’home movie di due sposini che, in viaggio di nozze a Coney Island, incappano nelle riprese del Cameraman!