ARRIVEDERCI PROFESSORE (THE PROFESSOR, U.S.A., 2018) di Wayne Roberts, con Johnny Depp, Rosemarie DeWitt, Danny Huston, Zoey Deutch, Odessa Young, Devon Terrell, Sioban Fallon Hogan, Linda Emond, Ron Livingston. Commedia drammatico. * ½
Nel nostro Paese, Johnny Depp gode di un’incomprensibile rendita di posizione. Beh, in fondo la si comprende facilmente: la serie dei Pirati dei Caraibi e i film con Tim Burton. Uno statuto da sex symbol ormai decaduto, un po’ come accadde, pur con le dovute differenze, con Marlon Brando, che da icona sessuale in canottiera bianca divenne adiposo e irriconoscibile fantasma dei suoi giorni migliori.
A suo modo era già tutto scritto: Depp, divo in ascesa e all’apice della bellezza, e Brando, divo vecchio e gigione il cui unico fascino era nel luminoso passato alle spalle, ebbero un incontro sul grande schermo venticinque anni fa: il film era il tremendo Don Juan de Marco – Maestro d’amore, ma i due si ritrovarono nel debutto di Depp tre anni dopo, Il coraggioso. Depp non sarà mai grande quanto Brando, forse non sarà nemmeno mai un grande attore. Tuttavia, è una star che da circa tre decenni riesce a far appassionare molti spettatori, sia nei momenti di massima gloria (i suoi anni Novanta sono esemplari) sia in quelli peggiori, come dimostrano gli incassi italiani di titoli altrove spernacchiati (The Rum Diary, Transcendence, City of Lies).
Fa parte di quest’ultima categoria Arrivederci professore, commedia drammatica ignorata negli Stati Uniti e che sta funzionando solo da noi, e che arriva dopo un periodo in cui Depp è stato più al centro della cronaca che del cinema. Non ci interessa elencare tutte le storiacce in cui è stato coinvolto; ci interessa, piuttosto, capire quanto quelle vicende condizionano la nostra visione di questo film che da fondo di magazzino estivo è diventato qualcosa di simile a un successo.
Depp interpreta un insegnante né giovane né vecchio (uno studente gli accredita una sessantina d’anni: in realtà ne ha di meno, ma così bolso e sgualcito potrebbe averne quaranta come settanta) che scopre di essere malato. Allora decide di vivere alla grande, fregandosene di tutto e tutti, riuscendo anche a chiudere qualche conto in sospeso. Quindi, sì, fa sesso con chiunque (compreso uno studente), beve a rotta di collo, insulta chi non tollera, insegna senza preoccuparsi dei programmi e cerca in parallelo di riconquistare la moglie, con cui cresce una figlia dichiaratasi lesbica.
Ora, il film è mediocre e abbastanza tirato via, programmatico sin dalla prima scena e incapace di dire qualcosa non tanto di nuovo ma almeno di intrigante sul filone (nessuno pretendeva L’attimo fuggente o La strana voglia di Jean, ma Professore per amore era comunque più grazioso). Il suo unico interesse sta proprio nella performance di Depp. L’attore porta in dote il suo spirito di uomo devastato dalla vita con la furbizia di chi è cosciente del proprio ruolo nello star system, modulando sul suo alcolismo il tono di una recitazione retorica.
Lo stesso look è un problema: scapigliato con la lacca a tenere fermi capelli finto-ribelli, l’outfit da modello bohémien, la faccia gonfia di un ex bello. Ecco, a voler andare più in fondo, parafrasando la storia del film, Arrivederci professore racconta il dramma di un sex symbol che non può più essere tale, ormai cannibalizzato dal dovere di essere eccentrico (le ultime prestazioni per Burton, dal Cappellaio Matto a Dark Shadows non gli hanno fatto bene), mummificato alla ricerca di un posto nel mondo delle icone, rovinato da una vita vissuta pericolosamente.