I tempi che cambiano | André Téchiné (2004)

Al supermercato. Catherine Deneuve, star della radio, ciarla senza interesse con il cassiere. L’ingegnere Gérard Depardieu la rivede, in carne e ossa. Ha colto al volo l’occasione di un lavoro a Tangeri quasi solo per poter incontrare, dopo trent’anni, il suo grande amore. Lui non riesce a reggere l’estasi romantica, si dà alla fuga e urta contro il vetro della porta. Cade, si fa male al naso, arriva lei. Si riconoscono. Sono trascorsi 31 anni, 8 mesi e 20 giorni dal loro ultimo incontro.

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Qualche giorno dopo, Gérard piomba a casa di Catherine. È previsto un pranzo di famiglia, lei sta lavorando con la sua collaboratrice e non sa bene cosa farsene di quell’antico amore. Si dà al caso che suo marito sia un medico e, ignaro di tutto, controlla il naso di quello strano signore impacciato. Con una scusa, Gérard finisce in camera di Catherine e, scoprendosi improvvisamente atletico, si butta sotto il letto e nasconde, tra le doghe del letto, una loro foto in cui sono giovani e felici.

Con un’altra scusa, si ritrovano in macchina: per lui è il postulato di una fuga romantica, la possibilità di riallacciare i fili dell’amore interrotto, un remake con la maturità dell’anagrafe. Ma lei sembra aver seppellito il ricordo di quell’amore lontano, si districa in un ménage familiare che non la soddisfa, tra un marito che non ama e un figlio segretamente omosessuale che ha una storia con una donna musulmana dipendente dagli psicofarmaci.

I tempi che cambiano è soprattutto queste cose qua. Pezzi di un’ossessione. Frammenti di un amore perduto, lontano e dimenticato dal tempo, in una narrazione che intreccia questo moloch con una suggestione stregonesca presto dimenticata e le traiettorie romantico-sessuali del figlio della Deneuve. Che ci interessano fino a un certo punto, del tutto interne alla prospettiva erotico-elegiaca di André Téchiné, a tratti “in dovere” di inserire una marca tipica della sua poetica sia per evocare una lettura parallela sul dolore di dover addomesticare o peggio reprimere la propria natura sia per collegarsi agli altri racconti dell’autore.

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Benché sia quasi superfluo sottolinearlo, al netto di aspettative altissime com’è fisiologico in casi simili, il ritorno della coppia formata da Deneuve e Depardieu è un appuntamento troppo importante per non essere il cuore e il motore di questo mélo i cui effetti sullo spettatore crescono sulla lunga durata. Le due star portano in dote tutti i film che si portano dietro, quelle esperienze che li rendono icone di un’intera cinematografia sotto il segno di Truffaut.

L’intima dimensione romanzesca si esalta in un contesto a metà tra l’esotismo di certe avventure romantiche e la malinconia umida di quel cinema portuale tipico di certi autori francesi, con il mare a determinare il senso profondo di una storia al crocevia di più culture, illuminata dalla luce calda del Mediterraneo e carezzata dall’ipotesi selvaggia di un contesto lontano dall’ordine occidentale. All’epica non tra i più amati di Téchiné, forse troppo calcolato e caricato di aspettative per essere davvero risolto: ma come si fa a non restare avvinti da quel finale così emozionante, culmine di un movimento amoroso così placido e furibondo al contempo?

I TEMPI CHE CAMBIANO (LES TEMPS QUI CHANGENT, Francia, 2004) di André Téchiné, con Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Gilbert Melkim, Malik Zidi, Lubna Azabal, Tanya Lopert. Mélo. ***

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