Alla riscoperta di Lina Wertmüller | Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974)

Lo statuto di culto di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto deriva da almeno tre elementi. Il primo è il titolo italiano: lunghissimo, didascalico come un grido in prima pagina, suggestivo al pari dell’introduzione di un capitolo in un romanzo d’avventura, diventato proverbiale nel linguaggio comune. In inglese, lingua della sintesi, è stato ridotto ma mantiene la sua efficacia: Swept Away evoca bene il distacco dalla civiltà e la dimensione selvaggia.

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Il secondo è dato dal contesto storico e le dinamiche politiche. Mentre in Italia si sentono le prime avvisaglie della lotta armata, Lina Wertmüller cavalca ancora i fremiti contestatari mettendo in scena la lotta di classe in un’allegoria esplicita, lo scontro tra capitalismo e comunismo, padroni del nord e servi del sud, donne ricche e apparentemente emancipate e uomini rudi e retrogradi. Le ambiguità ci sono, eccome se ci sono, ma la macchina è talmente esplosiva da costringere a una lettura meno schematica.

E il terzo è, senza girarci attorno, il sesso. Incarnato da due attori dall’alchimia miracolosa, che hanno ricodificato il concetto di coppia alla luce della rivoluzione sessuale in tre universi diversi tra loro: la classe operaia in Mimì metallurgico, l’epoca fascista in Film d’amore e d’anarchia e qui nella transizione tra Sessantotto e Anni di piombo. In un cinema italiano incendiato da Ultimo tango a Parigi, il sesso diventa pezzo fondamentale dell’opera di molti autori, che attraverso questo raccontano le più disparate tra le vicende, su tutti nel filone del nazi-fascismo (Salò, Il portiere di notte, Salon Kitty).

Mariangela Melato è l’ormai mitica “bottana industriale”, petulante e reazionaria signora milanese che sulla barca in mezzo al mare condanna la civiltà dei consumi e disprezza i marinai. Giancarlo Giannini è il marinaio col pugno chiuso, rappresentante di un meridione sfruttato e desideroso di vendetta. Quando, durante una gita in gommone, i due si perdono, i ruoli si ribaltano: il servo schiavizza la padrona, che, sottomessa, si innamora dell’uomo che la maltratta.

A metterla così, oggi un film così sarebbe impensabile. Nella più superficiale delle letture, Travolti è inconciliabile con la nuova consapevolezza sul ruolo delle donne nello star system e sulla loro rappresentazione. Il cortocircuito, poi, subentra considerando che c’è una donna dietro la macchina da presa: ma il femminismo di Lina emerge quando lascia capire che il sessismo di lui è una forma di sfruttamento pari a quella del proletariato e la sottomissione di lei è il segno della sua cultura becera, incapace di emanciparsi davvero rispetto al maschio. E il finale amarissimo non lascia speranze.

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Lo stile spudorato della regista, sostenuto dalle musiche di Piero Piccioni e dal montaggio di Franco Fraticelli, detona in quello che è forse il suo apologo più rotondo, dove rinuncia – a parte nell’incipit – alla galleria di maschere e facce da esaltare in funzione grottesca per dedicarsi allo studio antropologico di due personaggi ai quale vuole bene, interpretati da Melato e Giannini che le ripongono una fiducia incondizionata con la consapevolezza di incarnare caratteri destinati a restare impressi nello spettatore.

Per Lina è la definitiva consacrazione negli States, cioè dove è stato più apprezzato il suo lavoro. La critica newyorkese la coccola, fioccano i primi riconoscimenti, il pubblico appassionato al cinema d’autore europeo la segue perché vi vede una versione della commedia all’italiana sponda germiana più politica e al contempo memore delle suggestioni felliniane. L’anno dopo è la volta di Pasqualino Settebellezze, epifania agli Oscar. Rifatto da Madonna con Adriano Giannini: fallimento.

TRAVOLTI DA UN INSOLITO DESTINO NELL’AZZURRO MARE D’AGOSTO (Italia, 1974) di Lina Wertmüller, con Mariangela Melato, Giancarlo Giannini, Riccardo Salvino, Isa Danieli, Aldo Puglisi, Eros Pagni, Anna Melita. Commedia drammatico erotico. ***

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