Venezia 76 | Recensione: Wasp Network

WASP NETWORK (Brasile-Francia-Spagna-Belgio, 2019) di Olivier Assayas, con Penélope Cruz, Edgar Ramírez, Gael García Bernal, Ana de Armas, Leonardo Sbaraglia, Wagner Moura, Omar Alí, Tony Plana. Storico spionaggio drammatico. **

Inizio degli anni Novanta. Da un giorno all’altro, un pilota cubano sparisce, lasciando sbigottite la moglie e la figlia. È fuggito a Miami: fa parte, infatti, di una rete di spie mandate dal governo di Fidel Castro con il compito di collaborare con l’FBI fingendosi dissidenti del regime, dunque per infiltrarsi nei gruppi terroristici anti-castristi e sventare gli attacchi degli esiliati cubani in Florida. Le spie del cosiddetto Wasp Network sono state scoperte e condannate.

A distanza di un anno da Il gioco delle coppie, Olivier Assayas  torna in concorso a Venezia con un film che conferma il suo rifiuto di incasellarsi, dopo alcune prove di altissimo profilo (Sils Maria, Personal Shopper) che rischiavano di etichettarlo come esploratore che sonda l’inconscio. Sfida le aspettative del suo rinnovato pubblico con un’operazione da una parte sulla scia della felice esperienza di Carlos (Edgar Ramirez è un elemento di continuità) e dall’altra affrontando indirettamente la questione di cosa sia oggi la politica degli autori.

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Come un novello Costa-Gavras che unisce il piglio spettacolare da cinema civile con una forte attenzione alla denuncia politica, Assayas guarda all’estetica dei film degli anni narrati (lo stesso font del titolo) cercandovi un aggancio ideale quasi per uniformarsene all’universo solo in superficie vagamente muscolare. Finisce altresì per scomparire dietro e dentro lo sviluppo cronachistico di una vicenda ora risolta con piglio didascalico ora intrecciata in una narrazione faticosamente tenuta in piedi dalla sceneggiatura scritta da lui stesso a partire dal libro di Fernando Morais.

Probabilmente pensato per una platea internazionale senza stare assecondare i fremiti degli ammiratori certo sinceri ma forse un po’ pigri, qua e là rallenta il ritmo necessario a un thriller storico a cui manca il vigore della spy story e riesce solo di rado ad appassionare davvero al suo svolgimento. La calda performance di Penélope Cruz è la sola che garantisce un filo d’empatia più mélo a un film che avrebbe potuto essere sicuramente meno fiacco.

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