Bugie bianche (Professione figlio) | Stefano Rolla (1979)

Risultati immagini per bugie bianche filmPresentato agli Incontri internazionali di cinema di Sorrento nel 1979, uscito alla chetichella due anni – forse per i guai del distributore Angelo Rizzoli – con il titolo Professione figlio e subito dopo dimenticato, Bugie bianche ha conosciuto una rinnovata quanto rapida attenzione alla morte del suo regista, Stefano Rolla, avvenuta nell’attentato terroristico di Nassiriya in cui persero la vita altre ventisette persone. Per omaggiare la vittima, è stato di nuovo presentato a Sorrento e ancora una volta caduto nell’oblio.

Improvvisamente trasmesso in una notte di fine estate da La7, esce ora in dvd. Ed è un’ottima notizia. Non solo perché è sempre una gioia ritrovare film considerati perduti o semplicemente rimossi dai cataloghi, ma anche per la nitida, trasparente, lucida riuscita di un esordio rimasto atto unico della carriera di Rolla. Prodotto dal giapponese Asao Kumada, Bugie bianche è, infatti, tra gli esiti più segreti e interessanti del cinema giovane di quegli anni.

Nel contesto di una Venezia sempre decadente e vuota ma assolata, che tradisce la cupezza melodrammatica scelta da altri registi in favore di un’atmosfera più rilassata e indolente (la fotografia è di Mario Vulpiani, il montaggio di Franco Fraticelli, le musiche nientemeno di Ennio Morricone), seguiamo le tracce di un ragazzo che sembra provenire dal nulla. Abborda una ragazza che ci starebbe al punto da offrigli un gelato ma non le dà filo: ha puntato una coppia quarantenne, che esce da un negozio di antiquariato e, sotto braccio, si dirige verso casa. Li segue fino alla porta, benché l’uomo si sia accorto del pedinamento: capiamo subito che l’adolescente può trovare sponda nella suo curiosità.

Suona e, accolto in casa, confessa l’arcano: papà, sono tuo figlio. In realtà, pochi minuti prima, seduto in osteria, ha scritto una finta lettera in cui la sua ipotetica madre gli rivela l’identità del padre mai conosciuto. Noi sappiamo che una menzogna e in qualche modo crediamo che non stia in piedi: tuttavia il signore decide di assecondare quella che è in tutta evidenza una bugia bianca, un po’ perché è interessato a scoprire il gioco del ragazzo e un po’ perché questo figlio sbucato dal vuoto permette a lui e a sua moglie di vivere un’esperienza nuova.

La storia non potrà che avere una conclusione nefasta. Eppure, in fondo, il ragazzo raggiunge il suo obiettivo: non vuole spennare economicamente i suoi nuovi falsi genitori, cerca solo qualcosa che sia simile all’idea di casa, di famiglia. È lo stesso pre-finale a definire i confini disperati di uno smarrimento che è quello di un’intera generazione, specchio di quello più radicato e meno esposto degli adulti che sono a disagio con la genitorialità o ne hanno mancato l’appuntamento.

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Rolla – che ha scritto la sceneggiatura con Silvia Napolitano e Leros Pittoni – accede al cinema di prima fascia con un film del tutto dentro le dinamiche dell’epoca: autore sì quarantenne ma debuttante dunque più trasversale rispetto all’incidenza anagrafica, s’inserisce nel solco di quelle narrazioni sul conflitto e sul confronto tra padri e figli tipiche dell’opera dei registi maggiori, da Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli a In nome del papa re di Luigi Magni passando per Caro papà di Dino Risi fino a Voltati Eugenio di Luigi Comencini.

E proprio con quest’ultima favola post-sessantottina, di appena un anno dopo, che avvertiamo suggestioni simili, umori contigui, toni accordati sui suoni discordanti del contrasto nascosti sotto l’immagine rassicurante di una luce lieta. Rolla si avvale della professionalità di Max von Sydow, che si autocita simpaticamente con la partita a scacchi de Il settimo sigillo, e Virna Lisi, nella sua fase di inquieti ruoli materni (Ernesto, La cicala, Sapore di mare), trovando nello sguardo incantato e preoccupante dell’oscuro Ronnie Valente il corpo ideale della sua parabola.

BUGIE BIANCHE (PROFESSIONE FIGLIO) (Italia, 1979) di Stefano Rolla, con Max von Sydow, Virna Lisi, Ronnie Valente, Carlo Russo, Monica Pagliacci. Sentimentale. ***

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