Deve «imparare a suonare tra le fessure dei tasti bianchi e neri», Roy Scheider, che prima di essere il colonnello Jack Knowles è anzitutto Roy Scheider, uno di quegli attori che attraversa lo schermo essendo in primo luogo se stesso e la sua storia immaginata, facendo raccontare al suo volto tumefatto le mille peripezie a cui l’antieroe americano deve sottoporsi per sbattere la faccia contro il muro della rinuncia, e cioè il credere alla speranza che il mondo possa essere l’America sognata.
La quarta guerra («Non posso prevedere come sarà combattuta la Terza guerra mondiale; posso, però, prevedere che la Quarta guerra mondiale sarà combattuta con clave e pietre») è subito un cinema di facce che hanno ceduto alla storia, di occhi liquidi che hanno visto le famigerate troppe cose, come quelli sadicamente burocratici del generale Harry Dean Stanton (fenomenale nel monologo sulla guerra privata). Di ferite invisibili anziché…
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