Recensione: Modalità aereo

MODALITÀ AEREO (Italia, 2019) di Fausto Brizzi, con Lillo, Paolo Ruffini, Violante Placido, Dino Abbrescia, Caterina Guzzanti, Luca Vecchi, Sabrina Salerno, Veronika Logan. Commedia. **

Pareva dura a morire, l’idea della “commedia alla Brizzi” che imperversava nel cinema italiano a cavallo tra i due decenni del nuovo millennio, così ammiccante da solleticare perfino gli scafati Vanzina. Formula standard, ricalco di modelli anglosassoni: divagazioni erotico-sentimentali di una borghesia ipocrita, inattese perle di saggezza superficiale da condividere sui social network, interni eleganti dal design modaiolo, pillole di nostalgia per ammiccare ai giovani degli anni Ottanta…

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In realtà, a parte i primi exploit, la commedia di Brizzi ha dimostrato il fiato corto al botteghino, optando per scorciatoie verso un successo comodo come il presunto innalzamento del cinepanettone in ottica americana (Indovina chi viene a Natale?) e i rozzi remake di successi francesi (il dittico di Poveri ma ricchi). Alla fine cos’è rimasto? L’obolo da pagare, in tutte le colonne sonore dei film italiani, al canzoniere pop: un cliché stanco se non stantio.

Poi è arrivato lo scandalo sessuale ed è emerso un Brizzi predatore e molestatore seriale. Pronto alla damnatio memoriae, è stato recuperato in corsa da Luca Barbareschi, uno che gioca da sempre a fare il reietto. E così l’autore destinato a essere rimosso, vittima-colpevole da usare per lavarsi la coscienza e chiudere gli occhi sugli altri, è tornato a lavorare, realizzando ben due film in un anno solo e operando nell’ombra di Dolceroma, per certi versi una vendetta dei due ripudiati contro il sistema del cinema romano.

Il primo esito della collaborazione è Modalità aereo, a cui non serve una lettura in controluce per essere vista quale allegoria della vicenda del regista. Un imprenditore ricco e stronzo dimentica il cellulare nel bagno dell’aeroporto. I due inservienti, con i quali ha appena avuto un alterco, se ne appropriano, rubandogli la vita digitale, i conti, la casa… e sputtanandolo, per vendetta, sui profili social, poiché scrivono stati e tweet spregiudicato che scatenano crisi internazionali.

È Natale ma non si sente se non fosse per un presepe (anche questo pseudo-nostalgico), Una poltrona per due e il cinema di John Landis è un riferimento esplicito. Tuttavia la vera coordinata è privata: nel personaggio di Paolo Ruffini  intravediamo la sofferenza, la rabbia, l’amarezza di un uomo consapevole di non essere uno stinco da santo ma altrettanto convinto di essere il pezzo più fragile da sacrificare sull’altare di una macchinazione più grande, di un sistema che vuole sacrificare il più esposto per lavarsi la coscienza e cambiare tutto affinché nulla cambi.

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Insomma, un trattatello in forma di commedia contro la macchina del fango di radicata malinconia, sulla solitudine dei numeri primi lasciati al loro destino, dove anche la dimensione musicale non ha niente di lieto (il fiacco duetto con l’icona Sabrina Salerno come fuga dai doveri, la parentesi quasi musical con L’amico è) e il personaggio femminile di Violante Placido è naturalmente salvifico, autodeterminata, emancipata, migliore dei maschi. Un’excusatio non petita ma anche una furbata che lascia perplessi, sotto la confezione dall’ambizione internazionale comunque godibile.

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