Recensione: Sono solo fantasmi

SONO SOLO FANTASMI (Italia, 2019) di Christian De Sica, con Christian De Sica, Carlo Buccirosso, Gianmarco Tognazi, Ippolita Baldini, Francesco Bruni, Valentina Martone, Gianni Parisi, Tommaso Bianco, Graziella Marina, Lucianna De Falco, Nadia Rinaldi, Leo Gullotta. Commedia fantastico. ** ½

Nel mare magnum di una commedia sempre uguale a se stessa, Christian De Sica almeno ci prova a fare qualcosa di un po’ meno inflazionato. Distaccatosi da un filone senza più appeal, al cinepanettone ha sostituito un cinema di sapore teorico, dove il suo corpo comico ormai imbolsito e decadente è al servizio di un’operazione metacinematografica inattesa solo per chi continua a non guardarlo per ciò che è.

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Cos’è De Sica? Un figlio d’arte che è cresciuto nel mito di cotanto padre e, non potendo raggiungerne le vette, ha deciso di eleggere a core business quella merce di infimo valore artistico che il genitore ha consumato lungamente per riparare ai debiti di gioco. Perché, d’accordo, Vittorio è stato il maestro che tutti riconosciamo, ma è stato anche un caratterista al servizio di cialtronate ineguagliabili, il comprimario di filmetti nemmeno popolari in cui portava la propria maschera, i cliché, l’usato sicuro.

Dopo quel manifesto teorico che era Amici per la pelle, un trattato comico sui contraccolpi delle suggestioni gender di De Sica, sulla senilità sporcacciona di Massimo Boldi, sulla fine di un sistema e di un mondo, Sono solo fantasmi è ancor di più intriso di malinconia e consapevolezza di appartenere a un cinema per certi versi anacronistico e che in Italia non ha cittadinanza. E a cui molto probabilmente si sarebbe prestato lo stesso Vittorio.

In origine l’obiettivo era adattare la commedia horror Oscar insanguinato. Mancati i diritti, De Sica, su soggetto dei jeegrobotiani Nicola Guaglianone e Menotti, si è fatto affiancare dai giovani Andrea Bassi e Luigi Di Capua per uno scherzo partenopeo che solo sulla superficie dell’inganno narrativo ricorda Ghostbusters e allude a Questi fantasmi! (il legame tra Napoli e il paranormale, già al centro di Napoli velata).

Tre fratelli, diversi in tutto e uniti dal padre, si ritrovano nel capoluogo campano in occasione della morte dell’augusto genitore. Ha lasciato in eredità solo un appartamento, infestato di fantasmi e gravato da un’ipoteca. Per salvare baracca e burattini, s’improvvisano acchiappafantasmi, incontrando il favore della popolazione ma non delle presenze ultraterrene, che minacciano perfino di far fuori Napoli…

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Se in prima battuta De Sica (nei panni di un mago dai capelli unti che cammina sui carboni ardente, sostanzialmente Giucas Casella) sembra rivolgersi al suo pubblico di riferimento, con battutacce da classico della volgarità boccaccesca ormai del tutto innocue sia per logoramento sia per depotenziamento, a poco a poco emerge lo spirito inquieto di un film crepuscolare in cui tutti sono degli sfigati: il mago senza reali poteri, Carlo Buccirosso umiliato dal suocero milanese, Gianmarco Tognazzi disagiato al limite della pazzia.

La macchina comica funziona relativamente, la rilettura di un genere così poco italiano è tutto sommato accettabile, il parterre dei non protagonisti presenta punte di diamante (Leo Gullotta che vorremmo vedere più spesso al cinema, i defilippiani Tommaso Bianco e Graziella Marina). Ma ciò che resta davvero la memoria è la fantasmagorica apparizione di Christian/Vittorio, che in questi tempi di dibattito sulla “riesumazione” degli attori defunti grazie agli effetti speciali è quasi un colpo al cuore.

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