Recensione: The Report

THE REPORT (U.S.A, 2019) di Scott Z. Burns, con Adam Driver, Annette Bening, Michael C. Hall, Jon Hamm, Corey Stoll, Maura Tierney, Dominic Fumusa, Tim Blake Nelson, Ted Levine, Jennifer Morrison, Benjamin McKenzie, Matthew Rhys. Drammatico. ***

Rieccola, quella vecchia capacità della Hollywood liberal di trovare il supremo equilibrio tra denuncia civile e retorico pamphlet, scrittura incardinata sul giornalismo d’inchiesta e grande spettacolo d’autore. Con Sydney Pollack e Alan J. Pakula quali numi tutelari e Tutti gli uomini del presidente come modello massimo, ecco che ciclicamente questo tipo di cinema torna per svelare gli inganni della grande nazione e ammonire sul presente smemorato.

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L’Oscar a Spotlight ha un po’ rinverdito la tradizione, pur non trovando epigoni dello stesso livello (Truth, ecco, no), e The Report entra di diritto nel gruppo dei film più importanti e riusciti del filone. L’ha scritto e diretto Scott Z. Burns, sceneggiatore soprattutto per Steven Soderbergh anche dell’ultimo Panama Papers. Se con il “padrino” condivide l’attenzione allo svelamento della verità dentro la macchina di un potere il cui unico interesse risiede nell’occultamento di essa, di suo ci mette una tensione morale e civile meno legata alla teorizzazioni cinefile di Soderbergh.

Perché, sì, più di una riflessione sul cinema civile, The Report ne è anzitutto un solido, rigoroso, impegnatissimo e vagamente freddo esemplare che ha come obiettivo principale la denuncia di uno scandalo. Nella fattispecie, gli abusi praticati dalla CIA durante gli interrogatori sui terroristi di Al Qaeda. È l’America nella transizione tra Bush e Obama, una nazione che s’interroga su dove finiscano i diritti umani quando si ha a che fare con coloro che hanno attentato alla nazione stessa.

Al di là della parata di agenti e politici tutti intenzionati a giustificare e “contestualizzare” azioni illegittime, i pochi secondi in cui scorre in tv il trailer di Zero Dark Thirty sono interessanti perché toccano un nervo scoperto del cinema liberal: quel film sulla cattura di Osama Bin Laden, per certi versi un capolavoro, fu tuttavia realizzato pensando anche ai contraccolpi che avrebbe potuto garantire alla seconda campagna elettorale di Obama. E un momento non banale come la stoccata alla serie 24 che la dice lunga sulla scrupolosità di Burns, qui più un rigoroso metteur en scène che un regista di personalità.

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Oltre a essere una “buona azione”, The Report procede liscio accumulando informazioni, negando tuttavia allo spettatore una parte di investimento emotivo: è un peccato, perché un film del genere ha bisogno di veicolare un coinvolgimento tale da far sentire lo spettatore in una sensazione di scomodità. Come a interrogarlo sulla sua  posizione in materia, mettendo in campo tutti i dati possibili per porci nella condizione non di scegliere da che parte stare ma di capire la gravità della posizione governativa in una faccenda così vergognosa.

L’(anti)eroe della situazione ha il corpo dinoccolato e la faccia sbattuta di Adam Driver, strepitosa maschera newhollywoodiana perfetta nell’incarnare l’ingranaggio essenziale di un sistema esposto ai pericoli, l’ostinata integrità di un cirvil servant che ha rinunciato al proprio privato per la causa pubblica. Accanto a lui, Annette Bening ringiovanisce il ruolo originario (la senatrice Feinstein era già settantenne) e offre la solita, impeccabile, straordinaria performance da grande attrice qual è.

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