HOMEWARD (EVGE, Ucraina, 2019), di Nariman Aliev, con Akhtem Seitablaev, Remzi Bilyalov, Dariya Barihashvili, Viktor Zhadanov, Veronika Lukyanenko. Drammatico. *** ½
Nell’infinita guerra del Donbass, Kyv è stato ferito a morte. Tataro di Crimea, era partito volontario in forza allo schieramento ucraino per combattere contro gli oppressori russi. Suo padre, devastato e furente, già contrario alla scelta, è ora costretto a identificare il cadavere del ragazzo che giace nell’obitorio. Caricata la salma, assieme al figlio minore, si mette in viaggio verso la Crimea, il luogo che ha scelto come nuova casa della sua famiglia e dove intende seppellire il primogenito nel rito musulmano secondo la tradizione tatara.
Lo scrittore Nariman Aliev, scrittore tataro di Crimea, ha scelto, per la sua opera prima, di modulare un discorso sulla patria all’interno di una cupa odissea funebre mossa dal desiderio di riconoscersi in una terra e dunque nella possibilità di dare vita a una storia familiare e collettiva. Costruisce la narrazione per frammenti che apparentemente sembrano slegati gli uni dagli altri per ricomporsi mentre il viaggio procede nel cuore di un luogo da troppo tempo tormentato.
Il road movie assume qui le caratteristiche di un contenitore entro cui riflettere sulle diverse figure del conflitto: tra il padre e il figlio che si sono separati per sempre nell’incomprensione reciproca, lo stesso padre e il secondogenito con cui non vuole ripetere i medesimi errori, le vittime consapevoli e quelle ignare di essere tali. Come una delle ferite che crivellano il cadavere, Homeward è implacabile nell’esporre le conseguenze della violenza nella vita delle persone.
Intanto il tempo si ferma in colori senza idillio e gli spazi si allargano per sottolineare la vastità di una solitudine insopportabile per i personaggi. Un percorso per non smarrirsi nell’orizzonte desolante di un paesaggio che sembra non di rado il vero protagonista di questa folgorante opera prima sul dolore privato di una famiglia spezzato che si fa universale emblema di un popolo dall’identità negata.