Recensione: Piccole donne

PICCOLE DONNE (LITTLE WOMEN, U.S.A., 2019) di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh, Eliza Scanlen, Laura Dern, Timothée Chalamet, Meryl Streep, Chris Cooper, Louis Garrel, Tracy Letts, Bob Odenkirk, James Norton, Jayne Houdyshell. Drammatico. ***

Nessuno mi toglie dalla testa che l’ennesima trasposizione di Piccole donne nasca anzitutto nell’ottica di costruire un’operazione trendy. Termine orrendo, perfino un po’ sorpassato, ma che rende bene l’idea di un film studiato a tavolino per intercettare i fermenti neo-femministi del cinema americano d’autore (che è tutt’altra cosa rispetto alla società americana) secondo le regole non scritte della temperie indie adattata al period drama (bella la confezione “significante”, in testa i costumi di Jacqueline Durran).

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Trendy è l’idea di affidare regia e sceneggiatura a Greta Gerwig, vestale dell’indie e ultima portabandiera femminile candidata come miglior regista agli Oscar (per Lady Bird, il suo tenue esordio in solitaria). Trendy è un casting in cui tutti rappresentano qualcosa prima di interpretare personaggi, dal fluido divo neo-romantico Timothée Chalamet alla massima santa laica Meryl Streep passando per la post-nouvelle vague (Louis Garrel, ridotto a comparsa), l’aristocrazia hollywoodiana pronta alle scommesse (Laura Dern), ex baby star senza identità (Emma Watson).

Tuttavia, buon per lei, Gerwig ha la saggezza di accordare il pesante portato trendy insito a un’operazione del genere – del quale è perfettamente consapevole – al proprio discorso d’autore, piegando i romanzi all’origine del film (Piccole donne e Piccole donne crescono: il mush-up l’hanno fatto praticamente tutti, anche per sfruttare l’anagrafe dei personaggi più adatta a casting di lusso) a una storia del tutto aderente alla prospettiva di una regista-scrittrice che mette investe se stessa.

Come in Lady Bird, il cinema per Gerwig si fa specchio del personale buildungsroman, tant’è che ad aprire il film è il dialogo tra Jo e l’editore. Gerwig fa collimare nella ribelle Jo la stessa Louisa May Alcott e al contempo lascia che lo spettatore più attento intraveda la stessa regista nel ritratto della protagonista. Piccole donne diventa, così, soprattutto il percorso di maturazione artistica di una ragazza attraverso le esperienze della vita, la ricerca del posto nel mondo di una donna destinata all’emancipazione.

Un po’ forzato, senza dubbio, considerato sia il presupposto letterario (la fedeltà ai testi non è un problema, l’importante è dire qualcosa di interessante) ma anche tenendo conto del contesto storico. Ma, forte dell’interpretazione di Saoirse Ronan intonata all’umore e alla passione di Gerwig, il film riesce a non porsi come esemplare racconto di formazione femminile in una società patriarcale dove gli uomini combattono o lavorano e le donne a casa aspettano sempre qualcuno.

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Al contrario, nel suo frammentato equilibrio di andirivieni tra piani temporali (il montaggio è di Nick Houy), ragiona sul difficile posizionamento di una donna irriducibile rispetto al destino preposto (trovarsi un buon partito o comunque una brava persona) e desiderosa di ritagliarsi uno spazio all’interno di un mondo dominato dagli uomini: l’editoria. Smontando le convinzioni paternaliste di chi non si è mai posto il problema di ascoltare una donna, Jo/Gerwig impone l’idea che non solo le storie delle (piccole) donne debbano essere raccontate da donne, ma che alle donne spetta il compito di raccontare ciò che vogliono al di fuori delle questioni di genere.

Manifesto contemporaneo, non c’è che dire, e che l’editore prima ostile poi ammorbidito sia interpretato da un grande drammaturgo/attore come Tracy Letts è piuttosto emblematico. Certo, l’impianto programmatico è un tantino ingombrante alla lunga, ma Gerwig riesce a non farsi intrappolare dalla costruzione ideologica, dimostrando altresì sia un’intelligente revisione di alcuni personaggi peraltro ben diretti (Florence Pugh su tutti) sia una nitida e asciutta tensione melodrammatica senza patetismi (il palo che Ronan dà a Chalamet stringe il cuore, anche se si conosce la storia).

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