Nonostante un esordio intrigante che virava verso la satira (Thank You for Smoking: aveva ventisette anni), due nomination all’Oscar per un coming of age indie seminale (Juno, a trent’anni) e una commedia adulta e matura (Tra le nuvole, trentadue), dal sorprendente Young Adult in poi il cinema di Jason Reitman ci sembra oggetto di una radicata sottovalutazione. Come se il figlio d’arte – che ha ben presto superato il babbo Ivan, sulle cui tracce torna nell’imminente revival di Ghostbusters – sconti il fatto di essere esploso troppo presto, forse.
I motivi potrebbero essere anche altri. Dopo un poker di commedie – e dio solo sa la diffidenza nei confronti degli autori di commedie – seppur diverse tra loro, con Un giorno come tanti Reitman ha affrontato il mélo, non incontrando il favore né della critica né del pubblico – e in realtà, pur con le sue fragilità, è un dramma romantico a tratti incandescente per tensione erotica e sensibilità memorialistica – e poi ha mischiato la commedia con il dramma in questo Men, Women & Children, flop conclamato.
È tornato nel crinale tra sorrisi e lacrime nel quasi capolavoro Tully e ha poi rinsaldato il patto con la tradizione newhollywoodiana in The Front Runner. Da parte mia, malgrado lo snobismo generale, Reitman è considerato tra i massimi registi americani contemporanei, che nell’arco di nove film ha dato prova di un empatico sguardo umanista davvero raro: nel suo cinema l’attenzione è sempre focalizzata sul percorso di crescita e sulle scelte esistenziali di personaggi bisognosi alla ricerca di una nuova rotta.
Reitman li prende per mano, ne osserva le evoluzioni e assai più spesso le regressioni, senza mai giudicarne le parabole discendenti o ammiccare al patetismo degli spettatori: i suoi antieroi sono imperfetti e difettosi, desiderosi di essere come tutti e impossibilitati a esserlo, costantemente in battaglia con convenzioni sociali e aspettative altrui. Nel più sfortunato – e forse fragile? – dei film di Reitman, Men, Women & Children, tutto ciò raggiunge un punto di non ritorno, condizionato anche dal senso rapsodico di una narrazione corale e intergenerazionale.
A partire dal romanzo di Chad Kultgen, Reitman ha scritto la sceneggiatura con Erin Cressida Wilson, drammaturga che al cinema si è affermata con la commedia erotica Secretary. E l’eros è elemento centrale di questo film spericolato e coraggioso, che scandaglia le pulsione sessuali di un popolo – quello americano – e in particolare di un ceto – la borghesia – repressa in un atteggiamento così puritano da vivere al fine la dimensione sessuale con vergogna, fastidio, angoscia, violenza.
Sarà probabilmente questo il problema che ha provocato l’insuccesso di questo intreccio di relazioni tra vizi privati e pubbliche virtù: certo è che, con tutti i suoi scompensi narrativi e la fatica di tenere insieme tutto il coro, il racconto del rapporto col sesso tra adulti e tra adolescenti ha qualcosa di vagamente perturbante nel mettere in campo il tema di come una mentalità repressiva e castrante possa condizionare le vite delle persone fino a perdersi nei vicoli ciechi del perbenismo e dell’inibizione.
In questo senso sono particolarmente emblematici – e del tutto inseriti in una tradizione di mammine care et similia – i personaggi di Jennifer Garner, madre-padrona che controlla e supervisiona ogni attività social della figlia, e Judy Greer, che proietta nella figlia cheerleader il proprio desiderio di attenzioni e popolarità a costo di venderne l’immagine a utenti pedofili. Ma anche la coppia formata da Ben Affleck e Rosemarie DeWitt, che insoddisfatti del matrimonio tentano avventure extraconiugali.
Il discorso sui ragazzi (casting lungimirante: ci sono Ansel Elgort e Timothée Chalamet) appare un po’ meno focalizzato da una parte ma forse pure più autentico dall’altro, perfino più angosciante da un certo punto di vista: la mancata corrispondenza tra esperienza reale e pornografia, la commercializzazione del proprio corpo nudo, le disfunzioni alimentari legate allo sforzo di essere desiderate.
Tanta carne al fuoco, magari non sempre cotta a puntino, ma l’operazione è audace. E belle idee di regia con la navigazione in sovrimpressione: chissà che film sarebbe stato appena qualche anno dopo, con il boom di Instagram. Film in anticipo? Probabile. Da noi solo in streaming: mi pare ovvio.
MEN, WOMEN & CHILDREN (U.S.A., 2014) di Jason Reitman, con Adam Sandler, Jennifer Garner, Rosemarie DeWitt, Ansel Elgort, Judy Greer, Timothée Chalamet, Kaitlyn Dever, Dean Norris, Dennis Haysbert, J.K. Simmons, David Denman. Commedia. ***