Progetto Sordi, le puntate precedenti:
- Gastone di Mario Bonnard (1960)
- Domenica è sempre domenica di Camillo Mastrocinque (1958)
- Io so che tu sai che io so di Alberto Sordi (1982)
- Il boom di Vittorio De Sica (1963)
- Le coppie di Mario Monicelli, Alberto Sordi, Vittorio De Sica (1970)
- Racconti d’estate di Gianni Franciolini (1958)
- Il diavolo di Gian Luigi Polidoro (1963)
- Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy (1971)
- Ladro lui, ladra lei di Luigi Zampa (1958)
- La vedova elettrica di Raymond Bernard (1958)
- Tutti a casa di Luigi Comencini (1960)
- I nostri mariti di Luigi Filippo D’Amico (1966)
- Piccola posta di Steno (1955)
- Nestore, l’ultima corsa di Alberto Sordi (1993)
- Crimen di Mario Camerini (1960)
- Accadde al commissariato di Giorgio Simonelli (1954)
- L’ingorgo di Luigi Comencini (1979)
- Il seduttore di Franco Rossi (1954)
- Il prof. dott. Guido Tersilli…, di Luciano Salce (1969)
- Venezia, la luna e tu di Dino Risi (1958)
- In viaggio con papà di Alberto Sordi (1982)
- Un eroe dei nostri tempi di Mario Monicelli (1955)
- Il conte Max di Giorgio Bianchi (1957)
- Le fate di Antonio Pietrangeli (1966)
- Mi permette, babbo! di Mario Bonnard (1956)
- I due nemici di Guy Hamitlon (1961)
- Mio figlio Nerone di Steno (1955)
- Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata di Luigi Zampa (1971)
- Il giudizio universale di Vittorio De Sica (1961)
- Lo sceicco bianco di Federico Fellini (1952)
- Finché c’è guerra c’è speranza di Alberto Sordi (1974)
- Totò e i re di Roma di Steno e Mario Monicelli (1952)
- Il disco volante di Tinto Brass (1964)
- La bella di Roma di Luigi Comencini (1955)
- I magliari di Francesco Rosi (1959)
- Mafioso di Alberto Lattuada (1962)
- Sono un fenomeno paranormale di Sergio Corbucci (1985)
- Il marito di Nanni Loy e Gianni Puccini (1958)
- Il vigile di Luigi Zampa (1960)
- Amore mio aiutami di Alberto Sordi (1969)
- Bravissimo di Luigi Filippo D’Amico (1955)
- Quelle strane occasioni di Luigi Comencini (1976)
- Mamma mia, che impressione! di Roberto Savarese (1951)
- Lo scapolo di Antonio Pietrangeli (1955)
- Un tassinaro a New York di Alberto Sordi (1987)
- Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo di Mauro Bolognini (1956)
- Vacanze d’inverno di Camillo Mastrocinque (1959)
- Thrilling di Carlo Lizzani (1965)
Non è semplice trovare nel percorso di Alberto Sordi un personaggio complesso e inafferrabile come Dante Lombardozzi, protagonista di una delle commedie all’italiana più segrete, cupe, pessimiste degli anni Sessanta. Tra le sceneggiature meno celebrate di Age & Scarpelli, Il commissario è una delle gemme (nascoste) della filmografia di Luigi Comencini, regista sempre in sintonia con la star: tutta bella gente, che torna a lavorare insieme due anni dopo il capolavoro Tutti a casa (cinque, se mettiamo anche Dino de Laurentiis).
Non è il più citato dei film di Sordi, lo sappiamo: magari un po’ schiacciato tra interpretazioni certo più “fortunate” ma anche nascosto, sfuggente, anomalo per un tono che lo pone accanto ad altre commedie di frontiera che confinano con il dramma (A cavallo della tigre) o il noir (L’assassino). Con un titolo che da una parte si inserisce nella galleria maschile di personaggi in grado di rappresentare un mondo specifico (la trafila “matrimoniale” dallo Scapolo al Marito, fino a Il vigile, Mafioso, Il diavolo…) e dall’altra praticamente estraneo all’orizzonte del suo genere di riferimento.
Quasi un annuncio del futuro Commissario Pepe oppure un abbozzo che postula Signore & signori: insomma, uno di quei film audaci, resi possibili non solo dalla sintonia dei professionisti in campo ma anche dall’impegno di un attore disposto a calzare i ruoli più imprevedibili. Perché, sì, quello del Commissario è uno dei caratteri sordiani più scivolosi: ambizioso ma poco scaltro, scrupoloso e sottomesso, anonimo nella misura in cui si fa “common man” eppure dotato di precisi elementi caratteristici (quei capelli sparati, ah!).
Girato come un giallo, annunciato da un incipit rivelatore che mette in campo la natura zelante del personaggio e al contempo ne svela subito l’atteggiamento vagamente disadattato (non ha più una famiglia, probabilmente non coltiva alcun rapporto sociale: si presenta a una donna che pedina da giorni), il film si concentra subito su un caso poco chiaro: il presunto, misterioso omicidio di un noto sociologo nonché politico democristiano, avvenuto in periferia.
Poiché la morte è avvenuta in circostanze spinose (non era solo, diciamo), i vertici della polizia non ci pensano due volte a insabbiare tutto, salvando la reputazione della vittima con l’intitolazione imminente di una via in un nuovo quartiere della città. Convinto di poter usare la vicenda per fini personali, con la speranza di fare carriera per potersi sposare con la fidanzata, Lombardozzi conduce un’indagine personale ai limiti del concesso, costruendo a poco a poco il puzzle di una imbarazzante verità.
Pare di sentire il Jack Nicholson di Codice d’onore, quando urla a Tom Cruise «tu non puoi reggere la verità!». E, in fondo, nella frase c’è la bestia nera del povero Lombardozzi. Più si avvicina alla soluzione, più si fa chiara la sua posizione precaria: nell’Italia godereccia e ipocrita del boom economico, votata alla crescita e all’espansione, i vizi devono restare privati, le apparenze sono la quintessenza dell’esistenza pubblica e il sistema di relazioni incestuose tra controllori e controllati è più importante della giustizia.
Per certi versi da leggere in parallelo con Il maestro di Vigevano, Il commissario svela la dimensione più patetica della maschera grottesca di Sordi: con quanta intelligenza l’attore cesella il ritratto di un loser desideroso di emanciparsi e spiccare il volo e invece costretto quasi “per natura” a soccombere a chi ne disprezza l’abnegazione fino storpiare volutamente il nome (il commissario capo interpretato dallo strepitoso esordiente Alessandro Cutolo: professore di storia medievale, storico, conduttore, primo divulgatore della Rai, un vero uomo del Rinascimento nonché amico di Sordi).
Una commedia all’italiana da riscoprire: feroce, cattivissima, pessimista, con un finale che da una parte mette in evidenza la qualità umana di un personaggio magari antipatico ma onesto (è un merito?), alfiere suo malgrado di un popolo che non può ambire ai piani alti se non dopo un compromesso con la propria morale, e dall’altra sottolinea per l’ennesima volta l’irriformabilità di un Paese serenamente riconciliato con il perbenismo, in piena sbornia da miracolo economico e sociale.
IL COMMISSARIO (Italia, 1962) di Luigi Comencini, con Alberto Sordi, Franca Tamantini, Alessandro Cutolo, Alfredo Leggi, Mino Doro, Aldo Bufi Landi, Franco Scandurra, Carlo Bagno. Commedia. *** ½