Tutti gli anni, una volta l’anno | Gianfrancesco Lazotti (1994)

Soggetto di Paola Scola, sceneggiatura di Gianfrancesco Lazotti (marito della Scola) e Cecilia Calvi. Il riverbero è evidente: il patriarca Ettore. L’orizzonte romano tra intellettuali e popolo, il contesto di una trattoria che anticipa il quasi-commiato dell’autore La cena, la persistenza del passato e la sfiducia nel futuro. Cinema antico, quello di Tutti gli anni, una volta l’anno, rarità italiana praticamente dimenticata e sommersa ma che costituisce uno dei pochi, nostri film che si concentra su un coro d’attori maturi (anziani come potevano esserlo in quel momento storico lì, oggi sarebbero “molto adulti” più che vecchi).

Il punto di partenza è semplice: nell’annuale appuntamento che un clan di amici si dà in un ristorante della Capitale pesa l’assenza di uno di loro. Morto da poco, prima del decesso il caro estinto ha lasciato al notaio del gruppo una bizzarra richiesta: e se andaste a vivere tutti insieme nel casale umbro che ho appena ristrutturato? Tutti titubanti, gli amici decidono di mettere ai voti la proposta.

Malgrado il presupposto determini l’apertura verso uno scannatoio fatto di possibili rivelazioni e svelamento di non-detti, a poco a poco il film sposta l’attenzione dalle conseguenze di questa istanza post-mortem all’osservazione dei caratteri messi in campo. Bravo nel gestire gli spazi degli otto istrioni in campo (più uno che arriva in coda, giustamente atteso), Lazotti capisce che il cuore del racconto sta proprio nel dedicare attenzioni e cura ai suoi vecchietti che cercano costantemente di allontanare da sé il fantasma della morte.

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Ennesima appendice alla commedia all’italiana, della quale si staglia come tardo commiato e celebrazione di un’impossibile resurrezione, è un colpo di coda da parte di ammiratori di un mondo perduto e che ne ricalca modi e stilemi, a partire dal disegno buffo di personaggi contraddistinti da elementi caratterizzanti (gli occhiali con il laccetto dell’enigmatica Paola Pitagora, l’assenza di trucco nel look della pasionaria Carla Cassola, l’eleganza degli abiti di Giorgio Albertazzi, le perle d’occasione per Giovanna Ralli, la livrea anacronistica dei camerieri).

L’andamento è teatrale, non manca l’impressione di una certa frettolosità nel voler chiudere la faccenda, certe figure restano un po’ troppo legate alla carta senza trovare la giusta tridimensionalità. Eppure c’è un sereno pessimismo che elude il pericolo di una festa stantia per soli vecchi, c’è sottile ferocia verso giovani senza baricentro, c’è gusto nel tratteggiare passioni represse (Albertazzi e Pitagora al bagno), svolte inattese (Cassola che si sbronza), goffaggini dei difettosi (la parabola di Paolo Bonacelli). Nel parterre non sempre all’altezza le donne sono migliori degli uomini: su tutti si staglia la sapienza della Ralli con il gran momento quando guarda il marito Paolo Ferrari mentire per amore.

TUTTI GLI ANNI, UNA VOLTA L’ANNO (Italia-Francia, 1994) di Gianfrancesco Lazotti, con Giorgio Albertazzi, Jean Rochefort, Lando Buzzanca, Giovanna Ralli, Paolo Ferrari, Paolo Bonacelli, Carla Cassola, Paola Pitagora, Gianmarco Tognazzi, Alexandra La Capria, Vittorio Gassman. Commedia. ***

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