Recensione: Avengers: Endgame

AVENGERS: ENDGAME (U.S.A., 2019) di Anthony e Joe Russo, con Robert Downey Jr., Chris Evans, Mark Ruffalo, Chris Hemsworth, Scarlett Johansson, Jeremy Renner, Josh Brolin, Don Cheadle, Paul Rudd, Brie Larson, Karen Gillan, Danai Gurira, Gwyneth Paltrow, Benedict Cuberbatch, Chadwick Boseman, Tom Holland, Tilda Swinton, Chris Pratt, Robert Redford, Zoe Saldana, Evangeline Lily, Elizabeth Olsen, Sebastian Stan, Anthony Mackie, Jon Favreau, Tom Hiddleston, Benedict Wong, Rene Russo, John Slattery, Tessa Thompson, Letitia Wright, James D’Arcy, Samuel L. Jackson. Cinecomics. *** ½

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L’aspetto incredibilmente forse meno evidente del trionfo – annunciato quanto si vuole ma, insomma, wow – del capitolo finale del ciclo Marvel è l’atto d’amore nei confronti del fare-cinema. Per una curiosa convergenza, Avengers: Endgame è uscito nello stesso periodo della stagione finale de Il trono di spade, che presenta un episodio, il terzo, per cui si sono sprecati elogi nei quali si ravvedono l’ancora solida convinzione che il metro di paragone, l’ambizione massima per un prodotto televisivo sia la sua somiglianza con il cinema.

Così, quando più o meno leggiamo che la battaglia del terzo episodio meriterebbe il grande schermo, stiamo tutto sommato rimpiangendo l’idea di un cinema spettacolare, magniloquente, glorioso che il cinema d’oggi non sarebbe più in grado di esprimere. Non sta a noi dire se sia vero o meno, e nemmeno ci interessa; sta di fatto che la nostalgia per l’esperienza immersiva e totale di un cinema d’alto profilo tecnologico e al contempo emozionante ci sembra sia alla base delle riflessioni sulla fruizione.

Detto ciò, per la natura conclusiva già insita nel titolo, Avengers: Endgame si pone anzitutto quale bilancio di un decennio in cui è radicalmente cambiato l’orizzonte di riferimento dell’universo cinematico della Marvel: e cioè l’America, passata dalla speranza incarnata dalla società liberal di Obama all’industria della paura dell’altro e del protezionismo estremo rappresentata da Trump. Ed essendo quanto di più compiuto ha proposto il cinema popolare nel terzo millennio, non possiamo prescindere da quelle interpretazioni politiche che costituiscono la materia narrativa della saga.

Talmente stratificato da essere leggibile da una parte e dall’altra con pari efficacia: un cattivo invincibile, ciclopico, ineluttabile come Thanos potrebbe essere tanto l’allegoria degli imperi globali(sti) che si contrappongono all’attuale capitalismo americano quanto quello che oggi chiamiamo sovranismo o populismo. E lo stesso destino di Iron Man può essere visto da destra e da sinistra a seconda della lettura che decidiamo di attuare… E questa è solo una chiave tra le tante.

In realtà non si sa bene da che parte cominciare per Avengers: Endgame, perché sarebbe interessante capire quanto il tempo possa fargli bene o male, quanto sia in grado di reggere la lunga gittata al di là del suo essere – agli occhi di coloro che non sono fan(atici) del genere – l’ennesimo frutto della stagione, quanto il suo essere un congedo sia un’emozione ascrivibile al momento e alla probabile moda o uno snodo fondamentale a prescindere dai contesti del cinecomics.

Ad oggi possiamo dire che si tratta di una celebrazione, un omaggio, un’autoriflessione, un film che è al contempo un’opera-mondo. Pensato per il consumo commosso dei fan cinematografici e naturalmente inadatto ad accontentare i lettori del fumetto originale. Comprensibile anche a chi non ha contezza di tutti gli eventi di tutti gli episodi e allo stesso tempo pieno di epifanie, regali, strizzatine d’occhio che sollecitano il coinvolgimento degli spettatori più attenti.

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Concentrato sul fattore umano per poter veicolare l’epica di uno scontro totale senza mai dimenticare il sostrato brillante che lo distingue dall’altra mitologia della DC, citazionista non per affiliazione postmoderna ma in virtù di una dimestichezza con la materia e le sue infinite genesi ed emanazioni, trascinante nella misura in cui accompagna lo spettatore dentro un meccanismo sulla carta inconcepibile anche in un sistema fantasy eppure entusiasmante…

Insomma, c’è molto da dire e dovremmo tornarci su fra qualche tempo. Per il momento, mi piace ricordare baluginii di grande cinema: Captain America e la propria foto nello studio dell’amata mai dimenticata; gli incontri tra genitori e figli: gli Stark, Thor e la madre, Ant Man e la figlia; Spiderman ogni volta che appare; Iron Man e l’amore che vale tremila, forse come il minutaggio dell’intera serie. Si ride, si palpita, si piange. Che vuoi di più?

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