Viaggio a Kandahar | Mohsen Makhmalba (2001)

Quando uscì fu davvero un piccolo caso, poco importa che non fu campione d’incassi. Una storia realistica nella quale s’innescano situazione vere, attinte alla realtà dei fatti, alla vita vissuta nelle martoriate terre del Medio Oriente. La vicenda della giornalista Nafas, di ritorno dal Canada per dissuadere i propositi funesti della sorella, è solo il pretesto, il fil rouge grazie al quale possiamo assistere ai drammi di quel mondo.

E così nel viaggio della speranza troviamo bambini bistrattati perché non leggono bene il Corano, ragazzi alla ricerca di protesi per le gambe e le braccia, uomini disposti a spacciarsi per mariti pur di non creare altri problemi, medici, che in realtà medici non sono, in crisi esistenziale, spose fiduciose.

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Mohsen Makhmalbaf, tra i registi più titolati per trattare di questi argomenti, illustra una realtà che odora di verità, nonostante qualche ingenuità nella rappresentazione di alcune tragedie che ispirano umana angIoscia. Tuttavia resta un film importante, necessario a noi occidentali per capire la condizione femminile nel fondamentalismo islamico, non timoroso di far vedere anche l’altro lato, quello più democratico e moderato.

Sotto un sole eclissato “metafora dell’oscuramento della ragione” (Morando Morandini) e dietro il burqa, spicca la prova illuminata e dolente di Nelofer Pazira, una donna islamica che ormai guarda con gli occhi dell’occidente civilizzato.

VIAGGIO A KANDAHAR (SAFAR-E QANDAHAR, Iran-Francia, 2001) di Mohsen Makhmalbaf, con Nelofer Pazira, Ike Ogut, Hassan Tantaï, Sadou Teymouri. Drammatico. ** ½

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