Il buongiorno del mattino | Recensione

IL BUONGIORNO DEL MATTINO (MORNING GLORY, U.S.A., 2010) di Roger Michell, con Rachel McAdams, Harrison Ford, Diane Keaton, Patrick Wilson, Jeff Goldblum, John Pankow, Ty Burrell. Commedia. ***

Immagine correlataQualora, in un lontano futuro, si vorrà tracciare un canone per definire la commedia americana degli anni duemila, Morning Glory dovrà necessariamente essere preso in considerazione. Sintesi di un decennio di esempi che hanno il proprio archetipo in Sex & The City e la conseguente esplosione di serial brillanti incentrati sullo scontro dei sessi ai tempi della globalizzazione, il film riesce in ciò in cui Il diavolo veste Prada (dello stesso autore, comunque assurto già al rango del cult-movie più per Meryl Streep che per il resto) non riusciva del tutto: non confonde il cinismo con l’acidità, non si propone con un carico di ambizioni grosso quanto una pila di Vanity Fair accumulata da una single in carriera delusa dagli uomini, delega alle sviolinate sentimentali ben pochi momenti.

Con un’aguzza perfidia che probabilmente noi stranieri non possiamo capire, la commedia si prende gioco (ma al contempo omaggia, com’è normale nel genere) dei programmi che imperversano, talora in maniera molto depravata, nelle ore mattutine, fornendo un ritratto della televisione pop (non l’inquietante algidità del paradigmatico The Truman Show) più vicino a Bolle di sapone che a Dentro la notizia.

Il mondo rappresentato è infatti più accostabile al regno delle soap opera che ad una lezione di giornalismo, e ne è un’emblematica esponente la Coleen della splendida Diane Keaton (fatela lavorare di più e meglio, per favore!), ex Miss Arizona dedita al ruolo di vestale del cazzeggio mattutino.

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Contraltare da non sottovalutare, il ritrovato Harrison Ford è l’Indiana Jones degli inviati di guerra, decadente («Sai cos’è questo? Whisky invecchiato di cinquant’anni. Lo bevo solo quando sono sul punto del suicidio») e scontroso, con sorpresa finale che lo rende più dolce. E proprio Ford ci permette di individuare un altro archetipo della commedia degli anni zero, Una donna in carriera, certamente datato, ma che ha più di un credito nei confronti del disegno del personaggio della briosa Rachel McAdams, bella come il sole e sorprendentemente brava nel genere.

 

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