Franco Battiato è artista complesso, colto, trascendentale, snob e pop al contempo, involontariamente provocatorio in alcune sue derive irritanti che, a ripensarci, sono solo sprazzi di genio in libera uscita, con il carisma del guru e lo spirito dell’allievo umile, nella pace dei sensi. E, cosa forse più importanti, certe canzoni di Battiato sono capolavori che resteranno nella storia della musica.
Arrivato a quasi sessant’anni, il poliedrico e curioso uomo mette in atto un’operazione proprio basata sulla curiosità: la sua incursione nel genere cinematografico deve presupporre proprio l’intento curioso del suo autore. Assistito da Manlio Sgalambro, filosofo che ha ottenuto una certa fama proprio collaborando col cantautore (divenendo autore di molti suoi pezzi degli ultimi vent’anni), ha costruito una storia che si dice scombinata ed è invece lineare (nonostante alcuni innesti più ermetici), si ispira al film-balletto ma ripropone personali chiavi di lettura dei generi messi in campo (elegia nostalgica nella prima parte pseudo-tornatoriana, incrocio tra racconto di formazione interiore e commedia di costume estetica nella seconda parte), infarcisce il tutto con citazioni, riferimenti, rimandi, parodie, nomi tutelari che gli conferiscono una certa ricercatezza ma anche una sorta di distacco (da Empedocle a John Cage) nonché una dimensione metafisica (l’esperienza esoterica, i discorsi di Gabriele Ferzetti).
In tutto questo, però, le cose che forse più restano sono le musiche, che siano canzonette di Adamo o Dalida o preludi di Bach, quasi a sottolineare la vera predisposizione di Battiato: capire le connessioni impossibile tra musiche lontanissime, eppure capaci di creare legami e relazioni che rispondono ad una sfera personale. Un film piccolo fatto di tante cose ma, riflettendoci, anche di niente (la storia è un niente, anche poco interessante), che corrisponde a quell’idea secondo cui un esordiente debba parlare di cose che conosce (anche se ti chiami Franco Battiato), con tutte le ingenuità, le mancanze e le superficialità di un’opera prima.
PERDUTOAMOR (Italia, 2003) di Franco Battiato, con Corrado Fortuna, Donatella Finocchiaro, Anna Maria Gherardi, Lucia Sardo, Ninni Bruschetta, Tiziana Lodato, Gabriele Ferzetti, Nicole Grimaudo, Manlio Sgalambro, Elisabetta Sgarbi, Francesco De Gregori, Morgan. Commedia drammatica. ** ½