Recensione: Ciao amore, vado a combattere

CIAO AMORE, VADO A COMBATTERE (Italia, 2016) di Simone Manetti. Documentario. ** ½

Curiosa la storia di Chantal Ughi: attrice e modella, per sfuggire a qualche demone interiore finisce in Thailandia e diventa campionessa di muay thai. Coi codici del cinema del reale contemporaneo, non immune ad una esplicita manipolazione dei materiali in funzione di fiction, Simone Manetti lavora su una materia che potrebbe essere letta come un incrocio di Karate Kid (l’esotismo della location), Million Dollar Baby (una donna impegnata in uno sport maschile) e Rocky (la retorica del combattimento).

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Paradossalmente ciò che non sembra funzionare è il suo apparato classicamente documentario con le testimonianze, per esempio, dei genitori che sembrano non comunicare davvero con il corpo del film, volto all’osservazione di un personaggio molto interessante specie quando si evita di spiegare troppo ciò che le immagini lascerebbero intendere con maggiori suggestioni.

Film sotto il segno dell’ideologia indie: se le musiche di Motta, la produzione si chiama meproducodasolo ed è la cosa più simpatica di questo lavoro un po’ ruffiano ma comunque grintoso.

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