Uno spettatore, se non serio almeno corretto, dovrebbe evidenziare di questo film i molti difetti. Tratto dal libro Il postino di Neruda, ne sconvolge le caratteristiche principali (l’età del protagonista, l’ambientazione, l’epoca), ma alla fine la sceneggiatura (realizzata, tra gli altri, da Furio Scarpelli) è il male minore. Il problema sta nell’approssimazione con la quale viene trattata la realtà storica (il conflitto tra comunisti e democristiani in primis), ma anche nelle banalità infilate per rendere poetica la poesia (troppe parole rendono banale la poesia, lo dice pure il Poeta al postino).
Poesia intesa in senso lato, sia nella più facile celebrazione di Pablo Neruda che nell’atmosfera della pellicola. Certo, certo. È un film pieno di difetti. Ma sinceramente, è difficile condannare Il postino a prescindere da Massimo Troisi, alla sua ultima, sofferta, emaciata, tenera, commovente prova.
Vero motore dell’operazione, comprò i diritti del romanzo e si fece ricostruire il personaggio del protagonista su misura. Ha scelto un regista, lo scozzese Michael Radford, amico di vecchia data, con cui avrebbe dovuto girare Another time, another place, e ha lasciato questa terra dodici ore dopo la fine delle riprese.
Il film non è un capolavoro, è piaciuto molto agli americani che l’hanno candidato abbastanza generosamente a cinque premi Oscar, consegnando solo quello alla dolce musica di Luis Bacalov. Ha momenti toccanti, come nel flashback della manifestazione comunista, con l’alternanza passato-presente che vede un Neruda (un buon Philippe Noiret di solido mestiere) sconvolto nel suo silenzio. Ma il film è (di) Troisi, a lui è dedicato anche nell’insolito accreditamento come co-regista (“con il contributo di”).
IL POSTINO (Italia, 1994) di Michael Radford con il contributo di Massimo Troisi, con Massimo Troisi, Philippe Noiret, Maria Grazia Cucinotta, Linda Moretti, Renato Scarpa, Mariano Rigillo, Anna Bonaiuto. Drammatico. ** ½